Читать онлайн книгу "Una Corte di Ladri"

Una Corte di Ladri
Morgan Rice


Un Trono per due Sorelle #2
Morgan Rice è tornata con quella che promette essere un’altra brillante serie, immergendoci in un fantasy di valore, onore, coraggio, magia e fede nel proprio destino. Morgan è risuscita un’altra volta a creare un forte gruppo di personaggi che ci fanno tifare per loro pagina dopo pagina… Consigliato per la collezione di tutti i lettori che amano i fantasy ben scritti. Books and Movie Reviews, Roberto Mattos (approposito di L’Ascesa dei Draghi) Dall’autrice di best-seller numero #1 Morgan Rice arriva un’indimenticabile nuova serie fantasy. In UNA CORTE DI LADRI (Un trono per due sorelle – Libro due), Sofia, 17 anni, trova il proprio mondo messo sottosopra quando viene cacciata dal romantico mondo dell’aristocrazia ed è costretta a tornare agli orrori dell’orfanotrofio. Questa volta le suore sembrano intenzionate a ucciderla. Ma questo non lo fa tanto male quanto il proprio cuore spezzato. Sebastian si renderà conto del suo errore e tornerà a prenderla?La sua sorella più giovane Kate, 15 anni, intraprende la formazione con la strega, arrivando alla maggiore età sotto la sua protezione, padroneggiando la spada, ottenendo più potere di quanto avrebbe mai creduto possibile, e determinata a imbarcarsi nell’impresa di salvare sua sorella. Si troverò immersa in un mondo di violenza e combattimento, della magia che desidera, ma che potrebbe consumarla. Viene rivelato un segreto sui genitori perduti di Sofia e Kate, e tutto potrebbe non essere come sembra per le due sorelle. Il destino, in effetti, potrebbe ribaltarsi. UNA CORTE DI LADRI (Un trono per due sorelle – Libro Due) è il secondo libro di una stupefacente nuova serie fantasy, dilagante di amore, cuori spezzati, tragedia, azione, magia, stregoneria, destino e suspense da far battere il cuore. Un libro di cui è impossibile non girare le pagine, è pieno di personaggi che vi faranno innamorare, e di un mondo che non dimenticherete mai. Il libro #3 della serie – UNA CANZONE PER GLI ORFANI – è di prossima pubblicazione. Un fantasy pieno zeppo d’azione che di sicuro i precedenti fan di Morgan Rice apprezzeranno, insieme agli amanti di opere come Il Ciclo dell’Eredità di Christopher Paolini… Coloro che adorano leggere romanzi fantasy per ragazzi divoreranno quest’ultima opera di Morgan Rice e ne chiederanno ancora. The Wanderer, A Literary Journal (riguardo a L’Ascesa dei Draghi)







UNA CORTE DI LADRI



(UN TRONO PER DUE SORELLE -- LIBRO 2)



MORGAN RICE



TRADUZIONE ITALIANA

A CURA DI



ANNALISA LOVAT


Morgan Rice



Morgan Rice è l’autrice numero uno e campionessa d’incassi della serie epic fantasy L’ANELLO DELLO STREGONE che comprende diciassette libri; della serie campione d’incassi APPUNTI DI UN VAMPIRO che comprende dodici libri; della serie campione d’incassi LA TRILOGIA DELLA SOPRAVVIVENZA, un thriller post-apocalittico che comprende tre libri; della serie epic fantasy RE E STREGONI che comprende sei libri; della nuova serie epic fantasy DI CORONE E DI GLORIA che comprende 8 libri; e della nuova serie epic fantasy UN TRONO PER DUE SORELLE.I libri di Morgan sono disponibili in formato audio o cartaceo e ci sono traduzioni in 25 lingue.

Morgan ama ricevere i vostri messaggi e commenti, quindi sentitevi liberi di visitare il suo sito www.morganricebooks.com (http://www.morganricebooks.com/) per iscrivervi alla sua mailing list, ricevere un libro in omaggio, gadget gratuiti, scaricare l’app gratuita e vedere in esclusiva le ultime notizie. Connettetevi a Facebook e Twitter e tenetevi sintonizzati!


Cosa dicono di Morgan Rice



“Se pensavate che non ci fosse più alcuna ragione di vita dopo la fine della serie L’ANELLO DELLO STREGONE, vi sbagliavate. In L’ASCESA DEI DRAGHI Morgan Rice è arrivata a ciò che promette di essere un’altra brillante saga, immergendoci in un mondo fantastico fatto di troll e draghi, di valore, onore e coraggio, magia e fede nel proprio destino. Morgan è riuscita di nuovo a creare un forte insieme di personaggi che ci faranno tifare per loro pagina dopo pagina… Consigliato per la biblioteca permanente di tutti i lettori amanti dei fantasy ben scritti.”

--Books and Movie Reviews

Roberto Mattos



“Un fantasy pieno zeppo di azione che sicuramente verrà apprezzato dai fan dei precedenti romanzi di Morgan Rice insieme ai sostenitori di opere come il CICLO DELL’EREDITÀ di Christopher Paolini... Amanti del fantasy per ragazzi divoreranno quest'ultima opera della Rice e imploreranno di averne ancora.”

--The Wanderer, A Literary Journal (Parlando de L'Ascesa dei Draghi)



“Un meraviglioso fantasy nel quale si intrecciano elementi di mistero e intrigo. Un’impresa da eroi parla della presa di coraggio e della realizzazione di uno scopo di vita che porta alla crescita, alla maturità e all’eccellenza… Per quelli che cercano corpose avventure fantasy: qui i protagonisti, gli stratagemmi e l’azione forniscono un vigoroso insieme di incontri che ben si concentrano sull’evoluzione di Thor da ragazzino sognatore e giovane che affronta l’impossibile pur di sopravvivere… Solo l’inizio di ciò che promette di essere una serie epica per ragazzi.”

--Midwest Book Review (D. Donovan, eBook Reviewer)



“L’ANELLO DELLO STREGONE ha tutti gli ingredienti per un successo immediato: intrighi, complotti, mistero, cavalieri valorosi, storie d’amore che fioriscono e cuori spezzati, inganno e tradimento. Una storia che vi terrà incollati al libro per ore e sarà in grado di riscuotere l’interesse di persone di ogni età. Non può mancare sugli scaffali dei lettori di fantasy.”

--Books and Movie Reviews, Roberto Mattos



“In questo primo libro pieno zeppo d’azione della serie epica fantasy L’Anello dello Stregone (che conta attualmente 14 libri), la Rice presenta ai lettori il quattordicenne Thorgrin “Thor” McLeod, il cui sogno è quello di far parte della Legione d’Argento, i migliori cavalieri al servizio del re… Lo stile narrativo della Rice è solido e le premesse sono intriganti.”

--Publishers Weekly


Libri di Morgan Rice



Libri di Morgan Rice



COME FUNZIONA L’ACCIAIO

SOLO CHI LO MERITA (Libro #1)



UN TRONO PER DUE SORELLE

UN TRONO PER DUE SORELLE (Libro #1)

UNA CORTE DI LADRI (Libro #2)

UNA CANZONE PER GLI ORFANI (Libro #3)



DI CORONE E DI GLORIA

SCHIAVA, GUERRIERA, REGINA (Libro #1)

FURFANTE, PRIGIONIERA, PRINCIPESSA (Libro #2)

CAVALIERE, EREDE, PRINCIPE (Libro #3)

RIBELLE, PEDINA, RE (Libro #4)

SOLDATO, FRATELLO, STREGONE (Libro #5)

EROINA, TRADITRICE, FIGLIA (Libro #6)

SOVRANA, RIVALE, ESILIATA (Libro #7)

VINCITORE, VINTO, FIGLIO (Libro #8)



RE E STREGONI

L’ASCESA DEI DRAGHI (Libro #1)

L’ASCESA DEL PRODE (Libro #2)

IL PESO DELL’ONORE (Libro #3)

LA FORGIA DEL VALORE (Libro #4)

IL REGNO DELLE OMBRE (Libro #5)

LA NOTTE DEI PRODI (Libro #6)



L’ANELLO DELLO STREGONE

UN’IMPRESA DA EROI (Libro #1)

LA MARCIA DEI RE (Libro #2)

DESTINO DI DRAGHI (Libro #3)

GRIDO D’ONORE (Libro #4)

VOTO DI GLORIA (Libro #5)

UN COMPITO DI VALORE (Libro #6)

RITO DI SPADE (Libro #7)

CONCESSIONE D’ARMI (Libro #8)

UN CIELO DI INCANTESIMI (Libro #9)

UN MARE DI SCUDI (Libro #10)

REGNO D’ACCIAIO (Libro #11)

LA TERRA DEL FUOCO (Libro #12)

LA LEGGE DELLE REGINE (Libro #13)

GIURAMENTO FRATERNO (Libro #14)

SOGNO DA MORTALI (Libro #15)

GIOSTRA DI CAVALIERI (Libro #16)

IL DONO DELLA BATTAGLIA (Libro #17)



LA TRILOGIA DELLA SOPRAVVIVENZA

ARENA UNO: MERCANTI DI SCHIAVI (Libro #1)

ARENA DUE (Libro #2)

ARENA TRE (Libro #3)



VAMPIRO, CADUTO

PRIMA DELL’ALBA (Libro #1)



APPUNTI DI UN VAMPIRO

TRAMUTATA (Libro #1)

AMATA (Libro #2)

TRADITA (Libro #3)

DESTINATA (Libro #4)

DESIDERATA (Libro #5)

PROMESSA (Libro #6)

SPOSA (Libro #7)

TROVATA (Libro #8)

RISORTA (Libro #9)

BRAMATA (Libro #10)

PRESCELTA (Libro #11)

OSSESSIONATA (Libro #12)


Sapevate che ho scritto tantissime serie? Se non le avete lette tutte, cliccate sull’immagine qua sotto e scaricate il primo libro di una di esse!






(http://www.morganricebooks.com/read-now/)


Desideri libri gratuiti?

Iscriviti alla mailing list di Morgan Rice e ricevi 4 libri gratuiti, 2 mappe, 1 app e gadget esclusivi! Per iscriverti visita:

www.morganricebooks.com (http://www.morganricebooks.com)



Copyright © 2017 by Morgan Rice. All rights reserved. Except as permitted under the U.S. Copyright Act of 1976, no part of this publication may be reproduced, distributed or transmitted in any form or by any means, or stored in a database or retrieval system, without the prior permission of the author. This ebook is licensed for your personal enjoyment only. This ebook may not be re-sold or given away to other people. If you would like to share this book with another person, please purchase an additional copy for each recipient. If you’re reading this book and did not purchase it, or it was not purchased for your use only, then please return it and purchase your own copy. Thank you for respecting the hard work of this author. This is a work of fiction. Names, characters, businesses, organizations, places, events, and incidents either are the product of the author’s imagination or are used fictionally. Any resemblance to actual persons, living or dead, is entirely coincidental.


INDICE



CAPITOLO UNO (#u6dd14404-b181-5868-8fe3-9cd560fa9f44)

CAPITOLO DUE (#u5f010d12-6c78-521f-8631-b498a5da4167)

CAPITOLO TRE (#u036b83b3-7db8-5d67-a8ab-0dacfa4986a9)

CAPITOLO QUATTRO (#u3126efd3-3db8-5b86-bdd5-b3d6e02af1aa)

CAPITOLO CINQUE (#u2d94c419-f3b7-5b44-b4fc-ba6d62f23c48)

CAPITOLO SEI (#u628dfba7-7c2d-5d8b-87ad-0359161cbdb8)

CAPITOLO SETTE (#u0715f63a-a056-5bf3-b0bc-22d942aadfbc)

CAPITOLO OTTO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO NOVE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DIECI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO UNDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DODICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TREDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUATTORDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUINDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO SEDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DICIASSETTE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DICIOTTO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DICIANNOVE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTUNO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTIDUE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTITRÉ (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTIQUATTRO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTICINQUE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTISEI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTISETTE (#litres_trial_promo)




CAPITOLO UNO


Fecero della punizione di Sofia uno spettacolo, cosa che Sofia sapeva bene che avrebbero fatto. La ritrascinarono alla Casa degli Indesiderati e le tolsero il cappuccio dalla testa solo quando ebbero raggiunto le vicinanze dell’edificio, spingendola avanti e facendola inciampare lungo le strade di Ashton.

Kate, aiutami! gridГІ Sofia con il pensiero, sapendo che sua sorella era la sua migliore possibilitГ  per sfuggire a quella situazione.

Nessuno la aiutò, neanche i passanti. Sapevano che non era una qualche ricca ragazza che veniva rapita, ma solo una delle vincolate che veniva riportata dentro ad affrontare la giustizia. Anche incappucciata e con addosso l’abito sontuoso del suo travestimento, sembrava che la gente non ci cascasse. Poteva vedere i loro pensieri, e molti di loro pensavano che se lo meritasse, tanto da farla sentire come se le stessero sputando addosso mentre la trascinavano.

Le suore mascherate fecero suonare le campane mentre gli aguzzini la portavano dentro. Probabilmente sembrava una sorta di festeggiamento, ma Sofia sapeva di cosa si trattava: una convocazione. Stavano tirando giГ№ dal letto i bambini per far loro vedere cosa accadeva a coloro che erano tanto stupidi da scappare.

Sofia ora li vedeva, raccolti attorno alle soglie delle porte e affacciati alle finestre dell’orfanotrofio. C’erano i più grandi che conosceva e i più piccoli che erano appena arrivati a quello che doveva apparire un posto dove sarebbero stati curati. Tutti avrebbero guardato quello che le sarebbe accaduto, e probabilmente alcuni di loro avrebbero avuto degli incubi in seguito. Le suore mascherate volevano che i bambini presenti ricordassero ciò che erano, e imparassero che per loro non ci sarebbe mai stato niente di meglio.

“Aiutatemi!” gridò loro Sofia, ma non sortì alcuna differenza.

Poteva vedere i loro pensieri. Alcuni erano troppo spaventati per muoversi, altri stavano ancora sbattendo le palpebre senza capire cosa stesse succedendo. Alcuni addirittura pensavano che lei se lo meritasse, che dovesse essere punita per aver infranto le regole.

Le suore le strapparono il vestito di dosso. Lei cercГІ di lottare, ma una delle suore le diede una sberla mentre le altre la tenevano ferma.

“Pensi di poterti permettere di indossare abiti di lusso? Una svergognata come te non si merita vestiti da ricchi. Meriti appena la vita che la dea ha scelto di riservarti.”

La spogliarono lasciandola in biancheria, ignorando la sua vergogna. Le disfecero le trecce lasciandole i capelli sciolti e spettinati, senza permetterle neanche il minimo controllo sul proprio aspetto. Ogni volta che osava opporre la minima resistenza, la colpivano a mani aperte, facendole girare la testa. E nel frattempo continuavano a portarla avanti.

Sorella O’Venn era una delle più contente di farlo. Spinse Sofia avanti, parlando per tutto il tempo a un volume che per certo tutti gli abitanti dell’orfanotrofio avrebbero potuto sentire.

“Pensavi di potertene stare a lungo nel mondo?” le chiese. “La Dea Mascherata chiede che siano pagati i suoi debiti! Pensavi che una sfacciata come te potesse evitarlo solo concedendosi a qualche riccone?”

Tentavano di indovinare alla cieca o in qualche modo sapevano quello che Sofia stava facendo? E come potevano saperlo?

“Guardatela,” disse sorella O’Venn ai bambini che guardavano. “Guardate cosa succede agli ingrati e ai fuggitivi. La Dea Mascherata vi da riparo qui, chiedendovi in cambio solo di lavorare! Vi dà l’occasione di una vita piena di significato. Rifiutatelo, e questo è il prezzo!”

Sofia poteva percepire la paura degli orfani attorno a lei, così tanti pensieri insieme che andavano a formare un’ondata. Alcuni consideravano l’idea di aiutarla, ma non ce n’era veramente la possibilità. La maggior parte erano semplicemente riconoscenti di non essere al suo posto.

Sofia lottò mentre la trascinavano al cortile, ma non ebbe successo. Forse Kate sarebbe riuscita a sbarazzarsi di loro, ma Sofia non era mai stata una lottatrice. Lei era stata quella intelligente, solo che non lo era stata abbastanza. Era stata catturata, e adesso…

… adesso c’era un palo che la aspettava al centro del cortile, con un ovvio utilizzo.

Si udivano i fischi di alcuni dei bambini presenti mentre le suore conducevano Sofia al palo, e questo le faceva male più di tutto il resto. Sapeva perché lo stavano facendo: perché se fosse stata lì con loro si sarebbe unita anche lei al coro, se non altro per assicurarsi che non la scegliessero per una qualche punizione. Lo stesso Sofia sentì le lacrime agli occhi mentre si guardava in giro scorgendo la rabbia di alcuni dei giovani volti che guardavano.

Lei sarebbe stata per loro un avvertimento. Per il resto delle loro vite, avrebbero pensato a lei ogni volta che fosse venuto loro in mente di scappare.

Sofia gridГІ con i suoi poteri mentre la legavano al palo, spingendole il volto contro di esso e tenendola ferma con funi di ruvida canapa.

Kate, aiuto! Mi hanno presa!

Non ci fu alcuna risposta perГІ, mentre le suore continuavano a legarla come un qualche sacrificio alle cose piГ№ oscure che il popolo aveva venerato prima della Dea Mascherata. GridГІ aiuto con tutta la sua forza mentale, ma non parve avere alcun effetto.

Le suore si presero tempo. Si trattava ovviamente di teatro quanto di dolore. O forse semplicemente non volevano che Sofia potesse cedere a nessuno dei colpi che seguirono.

Una volta legata al palo, le suore portarono all’interno alcuni dei bambini più piccoli e fecero loro guardare Sofia come se fosse una bestia selvaggia rinchiusa in un serraglio.

“Dobbiamo essere grati,” disse sorella O’Venn. “Dobbiamo essere umili. Dobbiamo ripagare la Dea Mascherata di quello di cui siamo in debito per i suoi doni. Fallite, e ci sarà un prezzo da pagare. Questa ragazza è scappata. Questa ragazza è stata arrogante tanto da porsi contro il volere della dea. Questa ragazza è stata lasciva e orgogliosa.”

Lo disse come un giudice che emette una sentenza, ancor prima di portarsi vicina a Sofia. Ora stava iniziando a piovere, e Sofia poteva sentire il freddo delle gocce al buio.

“Pentiti,” disse. “Pentiti dei tuoi peccati, e paga alla dea il prezzo per il tuo perdono!”

SoffrirГ  comunque, ma deve scegliere.

Sofia poteva vedere lo stesso sentimento nei pensieri delle altre. Intendevano farle del male al di là di quello che avrebbe detto. Non aveva senso tentare di mentire e implorare perdono, perché la verità era che anche la più docile delle sorelle lì presenti voleva punirla. Volevano farlo come esempio davanti agli altri, o semplicemente perché amavano guardare la gente che veniva picchiata. Sorella O’Venn era una di queste ultime.

“Mi spiace,” disse Sofia. Poté vedere gli altri che si bevevano le sue parole. “Mi spiace non aver corso al doppio della velocità! Dovreste tutti scappare,” gridò ai bambini. “Non possono fermarvi tutti. Non possono prendervi tutti!”

Sorella O’Venn le diede un colpo alla testa facendola sbattere contro il legno del palo, poi spinse un pezzo di legno tra i denti di Sofia con tale impeto che fu un miracolo se neanche uno si spezzò.

“In modo che tu non ti morda la lingua urlando,” disse con una finta dolcezza che non aveva niente a che vedere con le cose che Sofia le poteva leggere nella mente. Sofia poté allora capire il desiderio indomabile di vendetta che Kate provava, il suo desiderio di bruciare tutto. Lei stessa avrebbe dato fuoco a sorella O’Venn senza pensarci una seconda volta.

La sorella mascherata portò una frusta, provandola dove Sofia potesse vedere. Era un oggetto dall’aspetto malvagio, con molte strisce di cuoio, tutte con dei nodi in diversi punti. Era un genere di arma che poteva creare lividi e lacerazioni in modo molto più efficace rispetto alle cinture o verghe che erano state usate per picchiare Sofia in passato. Cercò di liberarsi dai nodi, ma non ebbe successo. Il meglio che poteva sperare era di starsene lì con il suo atteggiamento di sfida mentre la punivano.

Quando sorella O’Venn la colpì per la prima volta, Sofia quasi spaccò con i denti il pezzo di legno. L’agonia le esplose attraverso la schiena, sentendo che la pelle si apriva sotto ai colpi.

Ti prego Kate, pensГІ, ti prego!

Di nuovo ci fu la sensazione delle sue parole che fluttuavano via senza nessun collegamento, senza risposta. Sua sorella le aveva sentite? Era impossibile saperlo, dato che non c’era risposta. Sofia poteva solo starsene lì, e sperare, e chiamarla.

Sofia tentò di non urlare all’inizio, solo per negare a sorella O’Venn quello che lei veramente voleva, ma la verità era che non c’era modo di tenere a bada un dolore simile a fuoco come quello che le pervadeva la schiena. Sofia gridava a ogni impatto, fino a sentirsi come se non fosse rimasto nulla in lei.

Quando alla fine le tolsero la piastra di legno dalla bocca, Sofia sentì il sapore del sangue.

“Ti penti adesso, ragazza malvagia?” chiese la sorella mascherata.

Sofia l’avrebbe uccisa in quel momento se ci fosse stata anche una minima opportunità, sarebbe scappata mille volte se solo avesse potuto pensare a un’occasione di filarsela. Lo stesso si sforzò di mantenere fermo il corpo scosso dai singhiozzi, senza annuire in alcun modo, sperando di poter apparire sufficientemente mortificata.

“Per favore,” implorò. “Mi spiace. Non sarei dovuta scappare.”

Sorella O’Venn si portò più vicina a lei e rise. Sofia vide la sua rabbia, e la brama di averne di più.

“Pensi che non possa giudicare quando una ragazza sta mentendo?” chiese. “Avrei dovuto saperlo dal momento in cui sei venuta qui, che sei una miserabile, dato il luogo da dove provieni. Ti renderò adeguatamente penitente. Ti farò perdere la malvagità a furia di bastonate, se necessario!”

Si rivolse poi agli altri, e Sofia odiò il fatto che stessero solo guardando, fermi come statue, spaventati tanto da restare immobili. Perché non la aiutavano? Perché non stavano almeno arretrando per l’orrore, scappando dalla Casa degli Indesiderati per andare il più lontano possibile da quelle cose? Invece se ne stavano lì mentre sorella O’Venn camminava davanti a loro, con la frusta insanguinata in mano.

“Venite da noi come una nullità, come una prova del peccato di un altro, o come qualcosa di scaricato addosso al mondo!” esclamò la suora mascherata. “Vivete qui sotto forma di ragazzi e ragazze pronti a servire il mondo come vi viene richiesto. Questa ragazza ha cercato di scappare prima del suo contratto di vincolo. Si è goduta anni di sicurezza e istruzione qui da noi, e poi ha cercato di scappare senza pagarne il costo!”

PerchГ© il prezzo era il resto delle vite degli orfani, trascorse da persone vincolate a chiunque potesse permettersi il costo della loro crescita. In teoria sarebbero dovuti essere in grado di ripagare il prezzo, ma quanti lo facevano, e cosa soffrivano negli anni che impiegavano a farlo?

“Questa ragazza avrebbe dovuto essere vincolata giorni fa!” disse la suora mascherata indicandola. “Bene, domani lo faremo. Sarà venduta come la sciagurata ingrata che è, e non ci sarà niente di facile per lei adesso. Non ci saranno uomini gentili in cerca di una moglie da acquistare, né nobili alla ricerca di una serva.”

Questo era ciò che passava per una vita bella e facile in quel posto. Sofia odiava quel fatto tanto quanto odiava la gente che c’era lì. Odiava anche il pensiero di quello che sarebbe potuto accaderle. Era stata quasi sul punto di diventare la moglie di un principe, e ora…

“Gli unici che vorranno un essere malvagio come questo,” disse sorella O’Venn, “sono uomini crudeli con scopi crudeli. La ragazza se l’è cercata, e ora andrà dove deve.”

“Dove scegliete di mandarmi voi!” ribatté Sofia, perché dai pensieri della suora mascherata poteva vedere che aveva mandato a chiamare le peggiori persone cui si potesse pensare. C’era una sorta di tormento nell’essere in grado di vedere questo. Si guardò ancora attorno, osservando tutte le suore mascherate presenti, cercando di fissare attraverso i veli per raggiungere le donne che vi erano celate sotto.

“Finirò da gente del genere perché voi avete scelto di mandarmici. Avete scelto voi di vincolarci. Ci vendete come se non fossimo nulla!”

“Siete nulla,” disse sorella O’Venn, spingendo di nuovo la piastra di legno nella bocca di Sofia.

Sofia le lanciò un’occhiata di fuoco, allungando i sensi per cercare là dentro un qualche briciolo di umanità. Ma non c’era nulla del genere da trovare, solo crudeltà mascherata da necessaria rigidità, e malvagità che fingeva di essere dovere, senza nessuna vera convinzione alla base. A sorella O’Venn semplicemente piaceva fare del male ai deboli.

Quindi fece male a Sofia, e non c’era nulla che lei potesse fare se non gridare.

Si gettò contro le funi, cercando di liberarsi o almeno di trovare un minimo spazio in cui fuggire alla frusta che le faceva pagare quella penitenza. Non c’era nulla che potesse fare, però, eccetto gridare, implorando tacitamente contro il legno che mordeva mentre i suoi poteri portavano le sue grida in città, sperando che sua sorella sentisse da qualche parte ad Ashton.

Non ci fu alcuna risposta, se non il regolare fischio della striscia di cuoio nell’aria e lo schiocco della stessa contro la sua schiena insanguinata. La suora mascherata la picchiava con forza apparentemente inesauribile, ben oltre il punto in cui le gambe di Sofia fossero in grado di sorreggerla, e oltre il punto in cui avesse abbastanza forza per gridare.

Passati questi limiti, ad un certo punto, perse probabilmente i sensi, ma questo non fece alcuna differenza. A quel punto anche gli incubi di Sofia erano cose di violenza, che le riportavano vecchi sogni di una casa in fiamme e di uomini da cui doveva scappare. Quando tornò in sé, avevano finito e gli altri se n’erano andati da tempo.

Ancora legata al suo posto, Sofia pianse mentre la pioggia le lavava via il sangue delle ferite. Sarebbe stato facile pensare che non potesse andare peggio di così, ma non era vero.

Poteva andare molto peggio.

E il giorno dopo sarebbe successo.




CAPITOLO DUE


Kate stava sopra ad Ashton e la guardava bruciare. Aveva pensato che sarebbe stata felice di vederla sparire, ma non si trattava solo della Casa degli Indesiderati e degli spazi dove i lavoratori del molo tenevano i loro barconi.

Questo era tutto.

Legno e paglia prendevano fuoco, e Kate poteva percepire il terrore della gente all’interno dell’ampio cerchio di case. I cannoni rombavano al di sopra delle grida di chi moriva, e Kate vide righe di edifici che cadevano facilmente come se fossero fatti di carta. Gli archibugi risuonarono, mentre le frecce riempivano l’aria, così fitte che era difficile vedere il cielo dietro ad esse. Caddero e Kate camminò in mezzo a quella pioggia con la strana calma distaccata che poteva derivare solo dal trovarsi in un sogno.

No, non un sogno. Questo era di piГ№.

Qualsiasi fossero i poteri della fontana di Siobhan, ora scorrevano nel corpo di Kate, e lei vedeva la morte tutt’attorno a sé. I cavalli galoppavano nelle strade, i cavalieri avanzavano con sciabole e costolieri. Le grida la circondavano completamente, fino a sembrare riempire la città proprio come il fuoco. Anche il fiume sembrava essere in fiamme adesso, anche se mentre Kate guardava, vide che erano i barconi che ne riempivano l’ampiezza, con le lingue di fuoco che ondeggiavano da una all’altra mentre gli uomini lottavano per levarsi di torno. Kate era stata su un barcone, e poteva immaginare quanto spaventose dovessero essere quelle fiamme.

C’erano figure che correvano tra le strade, ed era difficile distinguere la differenza tra i cittadini nel panico e quelli con le uniformi color ocra all’inseguimento con lame pronte ad abbatterli mentre fuggivano. Kate non aveva mai visto il saccheggio di una città prima d’ora, ma questa era una cosa orribile. Era violenza gratuita, senza nessun segno di potersi fermare.

C’erano file di rifugiati oltre la città adesso, in fuga con qualsiasi bene di valore che potessero portare con sé mentre andavano verso altre parti del paese. Avrebbero cercato ospitalità nelle Vie Equestri o sarebbero andati oltre, o forse in città come Treford o Barriston?

Poi Kate vide i cavalieri che si avventavano contro di loro, e capì che non ce l’avrebbero fatta. C’era fuoco alle loro spalle, quindi non c’era alcun posto dove scappare. Come ci si poteva sentire a venire presi a quel modo?

Ma lei lo sapeva, no?

La scena mutò, e ora Kate capì che non stava guardando qualcosa che era probabile potesse accadere, ma qualcosa che era successo. Conosceva quel sogno, perché era un sogno che aveva fatto fin troppo spesso. Si trovava in una vecchia casa, una grande casa, e c’era un pericolo in arrivo.

Però questa volta c’era qualcosa di diverso. C’erano delle persone, e Kate le guardava dal basso, cosa che le fece pensare di essere veramente piccola. C’era un uomo dall’aspetto preoccupato, ma forte e vestito di un nobile velluto messo sulle spalle di fretta, e una parrucca nera e riccia sistemata in velocità per trattare la situazione e che mostrava sotto di essa dei capelli grigi e spettinati. La donna con lui era deliziosa ma scompigliata, come se normalmente le ci volesse un’ora o giù di lì per vestirsi con l’aiuto di servitrici, e ora l’avesse fatto invece in pochi istanti. La guardava con gentilezza, e Kate si allungò verso di lei senza capire perché la donna non la prendesse in braccio, dato che di solito era quello che faceva.

“Non c’è tempo,” disse l’uomo. “E se cerchiamo di scappare tutti, ci seguiranno e basta. Dobbiamo andare separatamente.”

“Ma le bambine…” iniziò la donna. Kate allora capì, senza che nessuno dovesse dirglielo, che quella era sua madre.

“Saranno più al sicuro lontane da noi,” disse suo padre. Si girò verso una servitrice, e Kate riconobbe la sua balia. “Devi portarle fuori, Anora. Portale in qualche posto sicuro, dove nessuno sappia chi sono. Le troveremo quando questa follia avrà avuto fine.”

Kate allora vide Sofia, fin troppo piccola, ma pronta a discutere. Kate conosceva fin troppo bene quell’espressione.

“No,” disse loro madre. “Dovete andare, tutte e due. Non c’è tempo. Scappate, tesori miei.” Ci fu uno schianto da qualche parte nella casa. “Scappate.”

Kate allora stava scappando, la sua mano stretta in quella di Sofia. Ci fu un altro colpo, ma lei non si guardo alle spalle. Continuò a correre lungo i corridoi, fermandosi solo per nascondersi mentre delle ombre passavano. Corsero fino a quando trovarono una serie di finestre aperte che conducevano fuori dalla casa, nel buio…

Kate sbatté le palpebre, tornando in sé. La luce del giorno sopra di lei sembrava fin troppo chiara, brillando tanto da offuscarle la vista. Cercò di tenere stretto nella mente il sogno mentre si svegliava, cercò di vedere quello che era successo poi, ma stava già sfuggendole più veloce che mai. Kate sbuffò, perché sapeva che l’ultima parte non era stata un sogno. Era un ricordo, ed era un ricordo che Kate voleva essere in grado di vedere più di chiunque altro.

Per lo meno ora aveva nella mente i volti dei suoi genitori. Li tenne lì con sé, sforzandosi di non dimenticare. Si mise lentamente a sedere, la testa che le fluttuava come conseguenza di quello che aveva visto.

“Dovresti andarci piano,” disse Siobhan. “L’acqua della fontana può avere degli effetti collaterali.”

Era seduta sul bordo della fontana, che ora sembrava ancora in rovina, non brillante e fresca come quando Siobhan vi aveva preso l’acqua per porgerla a Kate e fargliela bere. Aveva esattamente lo stesso aspetto di una notte fa. Anche i fiori che aveva nei capelli erano intatti, come se lei non si fosse mossa per tutto il tempo. Stava guardando Kate con un’espressione che non diceva nulla di ciò che stava pensando, e le pareti che teneva attorno alla propria mente significavano che quest’ultima le appariva come una totale tabula rasa, anche con i poteri di Kate.

Kate cercò di alzarsi, semplicemente perché non se lo sarebbe lasciato impedire da questa donna. La foresta attorno a lei parve danzare, e Kate vide una foschia colorata in cima agli alberi, tra le rocce, attorno ai rami. Barcollò e dovette posare una mano su una colonna rotta per mantenere l’equilibrio.

“Dovrai imparare ad ascoltarmi se vuoi essere la mia apprendista,” disse Siobhan. “Non puoi aspettarti di riuscire ad alzarti così semplicemente dopo tanti cambiamenti nel tuo corpo.”

Kate strinse i denti e aspettò che la sensazione di intontimento passasse. Non ci volle molto. A giudicare dall’espressione anche Siobhan fu sorpresa quando Kate si staccò dal supporto della colonna.

“Non male,” disse. “Ti stai adattando più rapidamente di quanto avrei potuto pensare. Come ti senti?”

Kate scosse la testa. “Non lo so.”

“Allora prenditi il tempo per pensare,” rispose seccamente Siobhan con un cenno di irritazione nella voce. “Voglio un’allieva che pensi al mondo e non semplicemente che reagisca ad esso. Penso che tu sia quella giusta. Vuoi forse darmi prova che ho torto?”

Kate scosse la testa. “Sto… il mondo sembra diverso quando lo guardo.”

“Stai iniziando a vederlo come realmente è, con le correnti di vita,” disse Siobhan. “Ti ci abituerai. Prova a muoverti.”

Kate fece un passo incerto, poi un altro.

“Puoi fare di meglio,” disse Siobhan. “Corri!”

Questo era un po’ troppo simile ai sogni di Kate per esserle agevole, e si trovò a chiedersi quanto di essi avesse visto Siobhan. Aveva detto che lei e Kate erano uguali, ma se erano tanto simili al punto che l’altra donna volesse darle degli insegnamenti, allora forse erano anche tanto simili che Siobhan poteva vedere nei suoi sogni.

In quel momento non c’era tempo di pensarci, perché Kate era troppo occupata a correre. Scattò in mezzo al bosco, i piedi che scivolavano su muschio e fango, foglie cadute e rami spezzati. Fu solo quando vide gli alberi che quasi svanivano che si rese conto di quanto velocemente si stava muovendo.

Kate fece un balzo e improvvisamente si trovò a saltare su uno dei rami più bassi di uno degli alberi vicini a lei, agevolmente come se fosse saltata da una barca al molo. Kate si mise in equilibrio sul ramo, e le parve di sentire ogni alito di vento che lo muoveva prima che potesse spingerla giù. Saltò a terra e, d’impulso, si portò verso un pesante ramo caduto che prima d’ora non avrebbe mai potuto sperare di sollevare. Kate sentì la corteccia ruvida contro la pelle delle sue mani mentre lo afferrava, e lo sollevò agilmente, tenendolo sospeso sopra la propria testa come uno di quegli uomini forzuti alle fiere che di tanto in tanto venivano ad Ashton. Lo lanciò, guardandolo scomparire tra gli alberi e atterrare con un tonfo.

Kate lo udì, e per un momento sentì ogni altro suono attorno a lei nella foresta. Sentì il fruscio delle foglie mentre piccole cose vi si muovevano sotto, il cinguettio degli uccelli tra i rami. Udì il calpestio di piccoli piedi sul terreno, e intuì il punto in cui una lepre sarebbe comparsa, prima ancora che arrivasse. Quella completa panoplia di suoni fu eccessiva all’inizio. Kate dovette mettersi le mani sulle orecchie per isolare il gocciolio dell’acqua dalle foglie, il movimento degli insetti sulla corteccia. Lo arginò come aveva imparato a fare con il suo talento di sentire i pensieri.

Tornò al punto in cui si trovava la fontana cadente, e Siobhan era lì, sorridente e apparentemente un po’ orgogliosa.

“Cosa mi sta succedendo?” chiese Kate.

“Solo quello che hai chiesto,” disse Siobhan. “Volevi la forza per sconfiggere i tuoi nemici.”

“Ma tutto questo…” iniziò Kate. La verità era che non avrebbe mai creduto che le potesse succedere così tanto.

“Ci sono molte forme che la magia può assumere,” disse Siobhan. “Non maledirai i tuoi nemici, né griderai contro di loro a distanza. Non ti appellerai ai fulmini né convocherai gli spiriti degli inquieti defunti. Quelle sono vie percorribili da altri.”

Kate sollevò un sopracciglio. “Ma sono possibili?”

Vide Siobhan scrollare le spalle. “Non ha importanza. Adesso hai la forza della fontana che scorre in te. Sarai più veloce e più forte, i tuoi sensi saranno più affinati. Vedrai cose che la maggior parte della gente non può vedere. Questo combinato con il tuo talento personale ti renderà formidabile. Ti insegnerò a colpire in battaglia o dall’ombra. Ti renderò letale.”

Kate aveva sempre voluto essere forte, ma lo stesso si trovò a sentirsi un po’ spaventata da tutto questo. Siobhan le aveva già detto che ci sarebbe stato un prezzo per tutto ciò, e più sembrava meraviglioso, più lei sospettava che il prezzo sarebbe stato alto. Ripensò a ciò che aveva sognato, e sperò che non si trattasse di un avvertimento.

“Ho visto delle cose,” disse Kate. “Le ho sognate, ma non sembrava tanto un sogno.”

“Come ti sembrava?” le chiese Siobhan.

Kate stava per dire che non lo sapeva, ma colse l’espressione di Siobhan e pensò di agire meglio. “Sembrava vero. Ma spero che non lo sia. Nel mio sogno Ashton stava venendo razziata. Era in fiamme, e la gente veniva massacrata.”

Si aspettava in parte che Siobhan si mettesse a ridere solo per averlo detto, o magari lo sperava. Invece Siobhan le parve pensierosa, e annuì tra sé e sé.

“Me lo sarei dovuto aspettare,” disse la donna. “Le cose si stanno muovendo più rapidamente di quanto pensassi, ma il tempo è una cosa sulla quale non ho alcun potere. Beh, non permanentemente.”

“Sai cosa sta succedendo?” chiese Kate.

Questo fece sorgere un sorriso che non fu in grado di decifrare. “Diciamo semplicemente che mi sto aspettando che dei fatti si verifichino,” rispose Siobhan. “Ci sono cose che ho previsto, e cose che si devono fare in brevissimo tempo.”

“E non mi dirai di cosa si tratta, giusto?” chiese Kate. Cercò di non lasciare trasparire la frustrazione nella sua voce e si concentrò su tutto ciò che aveva guadagnato. Era più forte adesso, e più veloce, quindi doveva avere importanza se non sapeva tutto? Eppure era così.

“Stai già imparando,” rispose Siobhan. “Sapevo che non stavo facendo un errore scegliendoti come apprendista.”

Nel sceglierla? Era stata Kate a cercare la fontana, non una volta, ma due. Era stata lei a chiedere il potere, e sempre lei ad accettare i termini di Siobhan. Non avrebbe permesso alla donna di persuaderla che era accaduto il contrario.

“Sono stata io a venire qui,” disse. “L’ho scelto io.”

Siobhan scrollò le spalle. “Sì, è vero. E ora è il momento che inizi a imparare.”

Kate si guardò attorno. Non era una biblioteca come quella in città. Non era un campo da allenamento con maestri di spada come quello dove il reggimento di Will l’aveva umiliata. Cosa poteva imparare, qui in questo posto selvaggio?

Lo stesso si preparò, portandosi in piedi davanti a Siobhan e aspettando. “Sono pronta. Cosa devo fare?”

Siobhan piegò la testa di lato. “Aspetta.”

Si avvicinò a un punto dove era stato preparato in un buco l’occorrente per un fuoco, pronto ad essere acceso. Siobhan gettò una scintilla su di esso senza curarsi di usare un acciarino, poi sussurrò delle parole che Kate non fu in grado di cogliere mentre il fumo iniziava a salire.

Il fumo iniziГІ a vorticare e agitarsi, articolandosi in forme mentre Siobhan lo dirigeva come un maestro avrebbe diretto dei musicisti. Il fumo si compattГІ in una forma che era vagamente umana, dileguandosi alla fine e lasciando qualcosa che sembrava un guerriero di un qualche tempo passato. Teneva in mano una spada che sembrava tremendamente affilata.

Così affilata, che Kate non ebbe il tempo di reagire quando lui gliela conficcò nel cuore.




CAPITOLO TRE


Lasciarono Sofia a penzolare lì per tutta la notte, sostenuta solo dalle funi che avevano usato per la sua punizione al palo. Quella netta immobilità era una tortura quasi quanto la sua schiena lacerata, gli arti brucianti per la mancanza di movimento. Non poteva fare nulla per alleviare il dolore derivato dalle percosse, né la vergogna per trovarsi lì legata alla pioggia come una sorta di avvertimento per gli altri.

Sofia li odiava adesso, con quel genere di odio che aveva sempre rimproverato a Kate. Voleva vederli morire, e anche quel desiderio era una sorta di dolore, perché non c’era modo che Sofia potesse mai trovarsi nella posizione di rendere questo possibile. Ora non poteva neppure liberare se stessa.

Non poteva neanche dormire. Il dolore e la strana posizione glielo rendevano impossibile. Il massimo che poteva fare era una sorta di delirio mezzo sognante, con il passato che si mescolava al presente mentre la pioggia continuava a impiastricciarle i capelli sulla testa.

Sognò delle crudeltà che aveva visto ad Ashton, e non solo nell’inferno vivente dell’orfanotrofio. Le strade erano state ugualmente orribili con i loro predatori e la loro grezza mancanza di cura per coloro che finivano nelle loro mani. Anche nel palazzo, per ogni animo gentile, c’era n’era stato un altro come Milady d’Angelica, che sembrava crogiolarsi nel potere che la sua posizione le dava, per essere crudele con gli altri. Pensò a un mondo pieno di guerre e crudeltà umane, chiedendosi come avesse potuto trasformarsi in un posto così privo di cuore.

Sofia tentò di volgere i propri pensieri a qualcosa di più carino, ma non era facile. Iniziò a pensare a Sebastian, ma la verità era che le faceva troppo male. Le cose erano sembrate così perfette tra loro, e poi lui aveva scoperto che lei era… era crollato tutto così rapidamente che ora il cuore di Sofia era come in cenere. Non aveva neanche cercato di opporsi a sua madre o di stare con lei. L’aveva cacciata via e basta.

Sofia pensò allora a Kate, e quella sorta di pensieri portarono con sé il bisogno d gridare ancora una volta aiuto. Inviò un’altra tacita chiamata nei primi bagliori dell’alba, ma di nuovo non accadde nulla. Ancor peggio, pensare a sua sorella portò con sé ricordi di tempi difficili nell’orfanotrofio, o altri momenti precedenti.

Sofia pensò all’incendio. All’attacco. Era stata così piccola quando era successo, che a malapena ne ricordava i dettagli. Poteva rammentare i volti di sua madre e suo padre, ma non quello che le avevano detto al di fuori di quelle poche istruzioni sulla fuga. Ricordava di essere dovuta scappare, ma poteva mettere insieme solo i più vaghi accenni del tempo prima di allora. C’era stato un cavallo a dondola di legno, una grande casa dove era stato facile giocare e perdersi, una balia…

Sofia non riusciva a trarre dalla sua memoria piГ№ di questo. La Casa degli Indesiderati la riempiva quasi totalmente con un miasma fatto di dolore, quindi era difficile pensare al di lГ  delle botte e della ruota della macina, la sottomissione forzata e il timore che derivava dal sapere a cosa portasse tutto questo.

La stessa cosa che attendeva Sofia adesso: essere venduta come un animale.

Da quanto era appesa lì, tenuta ferma al suo posto nonostante cercasse in tutti i modi di liberarsi? Tanto tempo che il sole era ormai basso all’orizzonte. Tanto a lungo che quando le suore mascherate vennero a tirarla giù, gli arti di Sofia cedettero, facendola crollare sui ciottoli del cortile. Le suore non fecero il minimo movimento per aiutarla.

“Alzati,” ordinò una di esse. “Non vorrai che il tuo debito di essere venduta abbia un aspetto del genere.”

Sofia rimase sdraiata a terra, stringendo i denti contro il dolore che le pervadeva le gambe. Si mosse solo quando la suora la frustГІ e le diede un calcio.

“Alzati, ho detto,” disse seccamente.

Sofia si sforzò di mettersi in piedi, e le suore mascherate la presero per le braccia nel modo in cui Sofia immaginò si prendessero i prigionieri per portarli all’esecuzione. Certo non si sentiva molto meglio al prospetto di quello che la attendeva.

La portarono in una piccola cella di pietra, dove c’erano dei secchi che la aspettavano. La strofinarono e in qualche modo le suore mascherate riuscirono a trasformare anche quel processo in una sorta di tortura. Parte dell’acqua era tanto calda da ustionare la pelle di Sofia mentre lavava via il sangue, facendola gridare per lo stesso dolore che aveva provato quando sorella O’Venn l’aveva picchiata.

Altra acqua era gelata, tanto da farla rabbrividire. Anche il sapone usato dalle suore bruciava, pizzicando gli occhi mentre le strofinavano i capelli e li tiravano indietro in un rozzo nodo che non aveva nulla a che vedere con le eleganti acconciature del palazzo. Le tolsero la biancheria immacolata e le diedero da indossare le cose grigie dell’orfanotrofio. Dopo i vestiti eleganti che Sofia aveva indossato nei giorni precedenti, questi le graffiavano la pelle come insetti dal pungiglione acuminato. Non le diedero da mangiare. Probabilmente non ne valeva la pena, ora che il loro investimento su di lei era al termine.

Questo posto era così. Era come una fattoria per bambini, che dava loro quello che bastava in materia di abilità e paura per renderli utili apprendisti o servitori, poi venderli.

“Sapete che questa cosa è sbagliata,” disse Sofia mentre la scortavano verso la porta. “Non vedete le cose che state facendo?”

Un’altra delle suore le diede una sberla dietro la testa, facendola inciampare.

“Forniamo la misericordia della Dea Mascherata a coloro che ne hanno bisogno. Ora stai zitta. Ti beccherai un prezzo più basso se hai il viso con i lividi delle sberle.”

Sofia deglutì a quel pensiero. Non si era resa conto di quando accuratamente avessero nascosto i segni delle percosse sotto il grigio scuro dei suo indumenti. Di nuovo si trovò a pensare a dei contadini, anche se ora si trattava del genere di mercante di cavalli che avrebbe potuto tingere il mantello di un cavallo per poterlo vendere meglio.

La portarono lungo i corridoi dell’orfanotrofio, e ora non c’erano volti che guardavano. Non volevano che i bambini stessero lì a guardare quella parte, probabilmente perché avrebbe ricordato a troppi di loro il destino che li aspettava. Li avrebbe incoraggiati a scappare, anche se le botte della notte precedente li avevano probabilmente talmente terrorizzati da non poterlo mai osare.

Ad ogni modo stavano andando verso la sezione della Casa degli Indesiderati dove non era permesso l’accesso ai bambini: gli spazi riservati alle suore e ai loro visitatori. Per la maggior parte era un ambiente semplice, anche se c’erano note di benessere e ricchezza qua e là, nei candelabri dorati, o nel luccichio dell’argento attorno ai bordi di una maschera cerimoniale.

La stanza in cui condussero Sofia era particolarmente adorna secondo gli standard dell’orfanotrofio. Sembrava un po’ il salone da ricevimento di una qualche casa di nobili, con sedie disposte ai lati, ciascuna con un tavolino sul quale era posato un calice di vino e un piatto di carni dolci. C’era un tavolo a un’estremità della stanza, dietro al quale si trovava sorella O’Venn, con un pezzo di pergamena piegata accanto a sé. Sofia immaginò che si trattasse del conteggio per il suo contratto di vincolo. Le avrebbero almeno detto il valore prima di venderla?

“Formalmente,” disse sorella O’Venn, “dobbiamo chiederti, prima di venderti a chi ti comprerà, se hai i mezzi per ripagare il tuo debito alla dea. La somma è qui. Vieni, nullità, e scopri cosa vali veramente.”

Sofia non aveva scelta: la portarono al tavolo e lei abbassò lo sguardo. Non fu sorpresa di trovare annotato sul foglio ogni pasto, ogni notte trascorsa lì. Il totale era talmente alto che Sofia si ritrasse per istinto.

“Hai i mezzi per pagare questo debito?” ripeté la suora.

Sofia la fissò. “Sapete che non li ho.”

C’era uno sgabello in mezzo alla stanza, intagliato in duro legno e completamente discorde rispetto al resto della stanza. Sorella O’Venn lo indicò.

“Allora ti siederai lì, e vedi di farlo a modo. Non parlerai se non ti verrà richiesto. Obbedirai all’istante a ogni istruzione. Se fallisci, verrai punita.”

Sofia provava troppo dolore per poter disobbedire. Andò verso il basso sgabello e si sedette, tenendo gli occhi bassi tanto da non attirare l’attenzione delle suore. Lo stesso vide delle figure che entravano nella stanza, uomini e donne, tutti con un certo senso di ricchezza ad accompagnarli. Sofia non poté vedere molto di più, perché indossavano veli poco dissimili da quelli delle suore: ovviamente nessuno voleva vedere chi fosse interessato a comprarla come un pezzo di bestiame.

“Grazie per essere venuti con così poco preavviso,” disse sorella O’Venn, e ora la sua voce era affettata come quella di un mercante che mostra le virtù di qualche bella seta o profumo. “Spero che la troverete di sufficiente valore. Vi prego di prendervi un momento per esaminare la ragazza, e poi fate pure a me le vostre offerte.”

Allora circondarono Sofia, fissandola nel modo in cui un cuoco potrebbe esaminare un taglio di carne al mercato, chiedendosi per cosa potrebbe essere buono, tentando di scorgervi la minima traccia di marciume o di eccessivo grasso. Una donna ordinГІ a Sofia di guardarla, e Sofia fece del suo meglio per obbedire.

“Il colorito è buono,” disse la donna, “e immagino che possa essere sufficientemente carina.”

“È un peccato che non ce la facciano vedere insieme a un ragazzo,” disse un uomo grasso con un flebile accento che lo collocava come proveniente dall’altra parte del Tagliacqua. Le sue costose sete erano macchiate di vecchio sudore, il puzzo mascherato da un profumo probabilmente più adatto per una donna. Guardò verso le suore come se Sofia non fosse lì. “A meno che la vostra opinione al riguardo non sia cambiata, sorelle?”

“Questo rimane sempre un luogo della Dea,” disse sorella O’Venn, e Sofia poté cogliere la genuina disapprovazione nella sua voce. Strano che si tirasse indietro davanti a una cosa del genere, dato che non lo faceva di fronte a tante altre cose, pensò Sofia.

Dispiegò il suo talento, cercando di cogliere quello che poteva dalle menti dei presenti. Non sapeva cosa sperava di ottenere, però, dato che non c’era modo che potesse pensare di influenzare le loro opinioni in un modo o nell’altro. Invece le diede solo un’opportunità per vedere le stesse crudeltà, gli stessi fini spietati, più e più volte. La cosa migliore che poteva sperare era la servitù. La peggiore la faceva rabbrividire di paura.

“Uhm, trema meravigliosamente quando ha paura,” disse un uomo. “Troppo delicata per le miniere, immagino, ma offrirò la mia proposta.”

Andò da sorella O’Venn sussurrandole una cifra. Uno alla volta gli altri fecero lo stesso. Quando ebbero finito, la suora si guardò attorno nella stanza.

“Al momento il maestro Karg ha l’offerta più alta,” disse sorella O’Venn. “C’è qualcuno che desidera alzare la propria?”

Un paio dei presenti parve considerare la cosa. La donna che aveva voluto guardare Sofia negli occhi andò dalla suora mascherata, probabilmente sussurrandole un’altra cifra.

“Grazie a tutti voi” disse alla fine sorella O’Venn. “I nostri affari sono conclusi. Maestro Karg, ora il contratto di vincolo appartiene a voi. È necessario che le ricordi che se dovesse essere ripagato, la ragazza sarà libera di andare.”

L’uomo grasso sbuffò sotto al suo velo, tirandolo via e rivelando un volto rubicondo con fin troppe pieghe sotto al mento e non certo reso tanto migliore dalla presenza di un paio di folti baffi.

“E quando mai è successo con le mie ragazze?” rispose veementemente. Porse una mano grassoccia. Sorella O’Venn prese il contratto e glielo consegnò.

Gli altri presenti emisero piccoli suoni di irritazione, sebbene Sofia potesse percepire che molti di loro stavano già pensando ad altre possibilità. La donna che aveva alzato l’offerta stava pensando che era un peccato aver perso, ma solo con il genere di delusione simile a quando uno dei suoi cavalli perdeva una corsa contro quello dei suoi vicini.

Per tutto il tempo Sofia rimase lì, incapace di muoversi al pensiero che la sua intera vita fosse stata messa così facilmente nelle mani di un altro. Solo pochi giorni prima si era trovata sul punto di sposare un principe, e ora… ora stava per diventare la proprietà di quest’uomo?

“C’è solo la questione dei soldi,” disse sorella O’Venn.

L’uomo grasso, maestro Karg, annuì. “Me ne occuperò adesso. È meglio pagare in contanti che per mezzo di promesse di bancari, quando c’è una nave da prendere.”

Una nave? Quale nave? Dove pensava di portarla quest’uomo? Cosa intendeva farne di lei? Le risposte erano piuttosto semplici da cogliere dai suoi pensieri, e solo l’idea fu sufficiente a far quasi alzare in piedi Sofia, pronta a scappare.

Delle mani forti la fermarono: ancora una volta la morsa delle mani delle suore sulle sue braccia. Il maestro Karg la guardГІ con noncurante disprezzo.

“Fatela portare al mio carro. Sistemo le cose qui, e poi…”

E poi Sofia poteva vedere che la sua vita sarebbe diventata qualcosa di terrore addirittura peggiore. Voleva ribellarsi, ma non c’era nulla che lei potesse fare mentre gli altri la conducevano via. Niente. Nella riservatezza della sua mente, gridò in aiuto rivolta a sua sorella.

PerГІ sembrava che Kate non la sentisse, o che non le interessasse.




CAPITOLO QUATTRO


Più e più volte, ripetutamente, Kate morì.

O almeno “moriva”. Armi illusorie scivolavano dentro le sue carni, mani fantasma la strangolavano facendole perdere conoscenza. Delle frecce si generavano dal niente e la attraversavano. Le armi erano solo oggetti fatti di fumo, creati dalla magia di Siobhan, ma tutte le facevano male come un’arma reale.

PerГІ non uccidevano. Invece ogni momento di dolore portava con sГ© un verso di delusione da parte di Siobhan, che guardava da bordo campo con quella che sembrava una combinazione di divertimento ed esasperazione per la lentezza con cui Kate stava imparando.

“Fai attenzione, Kate,” le disse. “Pensi che stia richiamando questi frammenti di sogno per mio puro divertimento?”

La figura di un uomo armato di spada apparve davanti a Kate, vestito per un duello piuttosto che pronto per una battaglia. Le fece un saluto e si mise in posa d’attacco con il suo stocco.

“Questa è la difesa Finnochi,” le disse con lo stesso tono piano che sembravano avere anche gli altri. Colpì verso di lei e Kate cercò di parare con la sua spada di legno, perché almeno quello aveva imparato a farlo. Fu abbastanza veloce da vedere il momento in cui il frammento cambiò direzione, ma la mossa la prese comunque alla sprovvista e la lama effimera le scivolò nel cuore.

“Ancora,” disse Siobhan. “C’è poco tempo.”

Nonostante quello che diceva, sembrava esserci piГ№ tempo di quello che Kate si sarebbe immaginata. I minuti sembravano allungarsi nel bosco, pieno di avversari che tentavano di ucciderla, e mentre ci provavano, Kate imparava.

ImparГІ a sconfiggerli, uccidendoli con la sua spada da allenamento perchГ© Siobhan aveva insistito sul tenere da parte la sua spada vera per evitare il rischio di vere ferite. ImparГІ a fendere e colpire, parare e fingere, perchГ© ogni volta che faceva un errore, il contorno di una lama fantasma le scivolava attraverso il corpo con un dolore che sembrava fin troppo reale.

Dopo quelli con le spade, arrivarono quelli con bastoni e asce, archi e moschetti. Kate imparò ad uccidere in una decina di modi usando le mani, e a leggere il momento in cui un avversario colpiva con la sua arma, gettandosi di conseguenza a terra per evitare il colpo. Imparò a correre nella foresta, saltando da un ramo all’altro, fuggendo dai nemici, schivando e nascondendosi.

ImparГІ a nascondersi e a muoversi silenziosamente, perchГ© ogni volta che faceva un rumore, un nemico effimero calava su di lei con altre armi, impossibili da controbattere.

“Non potresti semplicemente insegnarmi?” chiese Kate a Siobhan, gridando tra gli alberi.

“Ti sto insegnando,” rispose lei uscendo da dietro un tronco lì vicino. “Se tu fossi qui per imparare la magia, potremmo farlo con tomi e parole gentili, ma tu sei qui per diventare letale. Per questo il dolore è il migliore insegnante che possa esistere.”

Kate strinse i denti e continuò a combattere. Almeno qui c’era un senso nel dolore, diversamente dalla Casa degli Indesiderati. Si ritirò nella foresta, mantenendosi nell’ombra, imparando a muoversi senza disturbare il minimo ramoscello o foglia mentre strisciava per andare ad assalire un nuovo gruppo di avversari.

Ma continuava a morire.

Ogni volta che aveva successo, compariva un nuovo avversario, o una nuova minaccia. Ognuno era più duro del precedente. Quando Kate imparò ad evitare gli occhi umani, Siobhan creò dei cani con la pelle che sembrava gonfiarsi nel fumo a ogni passo che facevano. Quando Kate imparò a scivolare oltre le difese della spada di un duellante, l’avversario successivo indossava un’armatura, così che lei non poteva che colpire tra gli spazi tra le placche.

Ogni volta che si fermava pareva che Siobhan fosse lì, con consigli o indizi, incoraggiamenti o qualche genere di folle divertimento che stimolava Kate a fare meglio ancora. Ora era più veloce, e più forte, ma sembrava come se non fosse abbastanza per la donna che controllava la fontana. Aveva la sensazione che Siobhan la stesse preparando per qualcosa, ma l’altra donna non diceva cosa, né rispondeva ad alcuna domanda riguardo a cosa Kate avrebbe dovuto fare poi.

“Devi imparare a usare il talento con cui sei nata,” disse Siobhan. “Imparare a scorgere l’intenzione di un avversario prima che colpisca. Imparare a cogliere la posizione dei tuoi nemici prima che ti trovino.”

“Come faccio a metterlo in pratica se lotto contro delle illusioni?” chiese Kate.

“Sono io a dirigerli, quindi ti permetterò di guardare una frazione della mia mente,” disse Siobhan. “Ma fai attenzione. Ci sono posti dove non vorrai guardare.”

Questo stuzzicò l’interesse di Kate. Era già andata a sbattere contro le pareti che l’altra donna teneva al loro posto per impedirle di guardare la sua mente. Ora avrebbe potuto sbirciare? Quando sentì che le pareti di Siobhan si spostavano, Kate si tuffò all’interno fino a dove i nuovi confini glielo concedevano.

Non era molto, ma era pur sempre sufficiente per trovare il senso di una mente aliena, piГ№ lontana che mai da qualsiasi altra persona Kate avesse mai visto. Kate si ritrasse da quella assoluta stranezza, tirandosi indietro. Lo fece giusto in tempo perchГ© un avversario effimero potesse piantarle una lama nella gola.

“Ti ho detto di fare attenzione,” le disse Siobhan mentre Kate soffocava. “Ora prova di nuovo.”

C’era un altro uomo armato di spada davanti a Kate. Si concentrò, e questa volta colse il momento in cui Siobhan gli disse di attaccare. Kate si abbassò e colpì a sua volta.

“Meglio,” disse Siobhan. Era più vicina a una lode, ma la lode non fermava il costante mettersi alla prova. Significava solo altri avversari, altro lavoro, altro allenamento. Siobhan spinse Kate fino al punto che, anche con la sua nuova forza, si sentiva prossima al crollo per stanchezza.

“Non ho imparato abbastanza?” chiese Kate. “Non ho fatto abbastanza?”

Guardò Siobhan che sorrideva senza divertimento. “Pensi di essere pronta, apprendista? Sei davvero così impaziente?”

Kate scosse la testa. “È solo che…”

“Che pensi di aver imparato abbastanza per un giorno. Pensi di sapere cosa accadrà, o cosa serva.” Siobhan allargò le braccia. “Forse hai ragione. Forse hai imparato a padroneggiare quello che voglio che tu impari.”

Kate potГ© sentire in quelle parole una nota di irritazione. Siobhan non aveva il genere di pazienza che Thomas aveva mostrato con lei.

“Mi spiace,” disse Kate.

“È troppo tardi per dispiacersi,” disse Siobhan. “Voglio vedere cos’hai imparato.” Batté le mani. “Una prova. Vieni con me.”

Kate avrebbe voluto discutere, ma capì che non avrebbe avuto senso. Seguì invece Siobhan fino a un punto dove la foresta si apriva in una radura più o meno circolare contornata da rovi e biancospini, rose selvatiche e ortiche. Nel mezzo si trovava una spada messa in equilibrio su un ceppo d’albero.

No, non una semplice spada. Kate riconobbe all’istante la spada che Thomas e Will avevano fatto per lei.

“Come…” iniziò.

Siobhan girò di scatto la testa verso la spada. “La tua spada era incompleta, come te. L’ho finita io, come sto cercando di migliorare anche te.”

La spada sembrava diversa adesso. Aveva un’impugnatura di legno scuro e chiaro che Kate sospettava le stesse perfettamente in mano. Aveva dei segni lungo la lama che erano di una lingua mai vista prima, mentre ora la lama brillava assumendo un aspetto piuttosto malvagio.

“Se pensi di essere pronta,” disse Siobhan, “tutto quello che devi fare è andare lì e prendere la tua spada. Ma se lo fai, sappi questo: il pericolo è vero lì. Nessun gioco.”

Se fosse stata un’altra situazione, Kate avrebbe potuto fare un passo indietro. Avrebbe potuto dire a Siobhan che non le interessava, e aspettare un po’ di più. Ma due cose le impedirono di farlo. Uno era il sorriso insopportabile che sembrava non lasciare mai il volto di Siobhan. Perseguitava Kate facendole capire che non era ancora abbastanza brava. Che non sarebbe mai stata abbastanza brava da arrivare ai livelli che Siobhan aveva stabilito per lei. Era un’espressione che le ricordava fin troppo lo sprezzo che le suore mascherate le avevano mostrato.

Davanti a quel sorriso, Kate poteva sentir salire la sua rabbia. Voleva togliere quel sorriso dal volto di Siobhan. Voleva farle vedere che qualsiasi genere di magia la donna della foresta potesse possedere, Kate era all’altezza dei compiti che aveva stabilito per lei. Voleva una piccola dose di soddisfazione per tutte le lame fantasma che l’avevano trafitta.

L’altro motivo era più semplice: quella spada era sua. Era stata un dono di Will. Siobhan non aveva il diritto di dire quando Kate avrebbe potuto prenderla.

Kate partì di corsa e saltò su un ramo, poi balzò oltre il cerchio di spine che circondava la radura. Se questo era il meglio che Siobhan poteva fare, si sarebbe presa la sua spada e sarebbe tornata indietro facilmente come attraversare una strada di campagna. Atterrò accucciata, e guardò verso la spada che la aspettava.

Ora però c’era una figura che la teneva in mano, e Kate si trovò a fissarla. A fissare se stessa.

Era assolutamente lei, fino all’ultimo dettaglio. Gli stessi capelli corti rossi. La stessa magrezza muscolosa. Questa versione di lei stessa però era vestita in modo diverso, con i colori verdi e marroni della foresta. Anche gli occhi erano diversi, color verde foglia da un lato all’altro, e con niente di umano in essi. Mentre Kate guardava, il suo doppio brandì la spada di Will tagliando l’aria come a volerla provare.

“Non sei me,” disse Kate.

“Non sei me,” disse l’altra, esattamente con la stessa inflessione, esattamente la stessa voce. “Tu sei solo una copia a buon mercato, non vali neanche la metà.”

“Dammi la spada,” chiese Kate.

L’altra scosse la testa. “Penso che me la terrò. Non te la meriti. Sei solo feccia dell’orfanotrofio. Non c’è da meravigliarsi che le cose non abbiano funzionato con Will.”

Kate allora le corse incontro, facendo roteare la spada di legno con tutta la forza e la furia possibile, come se volesse fare a pezzi quella cosa con il potere del suo attacco. Invece la sua spada da allenamento andò a scontrarsi contro l’acciaio di quella vera.

Tirò fendenti e colpi, fece finte e battute, attaccando con tutte le abilità che si era conquistata per mezzo dei brutali insegnamenti di Siobhan. Kate spinse ai limiti la forza che la fontana le aveva garantito, usando tutta la velocità che possedeva per tentare di andare oltre le difese dell’avversaria.

La sua copia parava perfettamente ogni attacco, sembrando conoscere alla perfezione ogni mossa che Kate intendeva fare. Quando colpiva, invece, Kate faceva fatica a deviare i colpi.

“Non sei abbastanza brava,” le disse la sua copia. “Non sarai mai abbastanza brava. Sei debole.”

Le parole tintinnarono dentro a Kate quasi come l’impatto dei colpi della spada contro la sua arma da allenamento. Facevano male, e facevano male tanto più perché erano tutto ciò che Kate sospettava poter essere vero. Quante volte l’avevano detto nella Casa degli Indesiderati? Gli amici di Will non le avevano forse mostrato la verità nel campo da allenamento?

Kate gridò la sua rabbia e colpì ancora.

“Nessun controllo,” disse l’altra mentre deviava i colpi. “Nessun pensiero. Nient’altro che una ragazzina che gioca a fare la guerriera.”

L’immagine specchio di Kate allora colpì, e Kate sentì il dolore della spada che la colpiva all’anca. Per un momento non le parve diverso dalle lame fantasma che l’avevano pugnalata così tante volte, ma questa volta il dolore non svanì. Questa volta sgorgò il sangue.

“Come si sta a sapere che si sta per morire?” chiese l’avversaria.

Terrificante. Le appariva terrificante, perchГ© la cosa peggiore era che Kate sapeva che era vero. Non poteva sperare di sopravvivere contro di lei. Sarebbe morta qui, in quel cerchio di spine.

Kate allora corse verso il bordo, lanciando di lato la spada di legno che la rallentava. Saltò verso il contorno del cerchio, sentendo la risata della sua copia alle sue spalle mentre saltava oltre. Kate si coprì il volto con le mani, chiudendo gli occhi contro le spine e sperando che potesse bastare.

La graffiarono mentre vi passava attraverso, strappandole i vestiti e la pelle. Kate poteva sentire il sangue che sgorgava mentre le spine la ferivano, ma si sforzò di andare oltre quel groviglio, osando aprire gli occhi quando venne fuori dall’altra parte.

Si guardò alle spalle, mezza convinta che l’immagine specchio la stesse seguendo, ma quando Kate guardò, il suo doppio era sparito, lasciando la spada sul suo ceppo, come se non fosse mai stata lì.

Allora crollò, il cuore che martellava per lo sforzo di tutto quello che aveva appena fatto. Stava sanguinando da una decina di punti adesso, sia per i graffi delle spine che per la ferita all’anca. Rotolò sulla schiena, fissando la vegetazione della foresta, il dolore che arrivava a ondate.

Siobhan apparve nel suo campo visivo, guardandola con un misto di delusione e commiserazione. Kate non sapeva cosa fosse peggio.

“Ti ho detto che non eri pronta,” le disse. “Sei pronta ad ascoltare adesso?”




CAPITOLO CINQUE


Lady Emmeline Constance Ysalt d’Angelica, diceva il biglietto, Marchesa di Sowerd e signora dell’Ordine della Fascia. Angelica era meno impressionata dall’uso del suo nome intero che dalla provenienza del biglietto: la vedova l’aveva convocata per un incontro privato.

Oh, non l’aveva messa in quel modo. C’erano frasi che riguardavano l’essere “deliziata di richiedere il piacere della vostra compagnia”, e “sperando che si dimostri conveniente.” Angelica sapeva bene come chiunque altro che una richiesta da parte della vedova valeva come un ordine, anche se era l’Assemblea dei Nobili a fare le leggi.

Si sforzò di non mostrare la preoccupazione che provava mentre si avvicinava alle stanze della vedova. Non controllò nervosamente il suo aspetto, né si agitò in modo che non fosse necessario. Angelica sapeva di avere un aspetto perfetto, perché passava del tempo davanti allo specchio ogni giorno con le sue servitrici, assicurandosi che così fosse. Non si agitava perché aveva perfetto controllo su se stessa. E poi di cosa si doveva preoccupare? Avrebbe incontrato una vecchia donna, non era mica un topo che doveva entrare nel covo di un gatto.

Angelica cercГІ di ricordarselo mentre si avvicinava alle stanze della vecchia donna e un servitore apriva le porte annunciandola.

“Milady d’Angelica!”

Avrebbe dovuto sentirsi al sicuro, ma la veritГ  era che la regina del regno, e la madre di Sebastian e Angelica avevano fatto fin troppo nella sua vita per potersi mai sentire certa di poter evitare la disapprovazione. AndГІ comunque avanti, sforzandosi di mostrare una ben preparata maschera di sicurezza.

Non aveva mai avuto motivo per venirsi a trovare nelle stanze private della vedova prima d’ora. Ad essere onesti, erano un po’ deludenti, progettate con un genere di grandiosità moderata che era fuori moda di almeno una ventina d’anni. C’erano troppi pannelli di legno scuro per i gusti di Angelica, e mentre le dorature e le sete del resto del palazzo erano presenti qua e là, era tutto molto lontano dal lusso che Angelica avrebbe scelto.

“Ti aspettavi qualcosa di più elaborato, mia cara?” chiese la vedova. Era seduta vicino a una finestra che si affacciava sui giardini, su una sedia di legno scuro e cuoio verde. C’era un tavolo intarsiato posto tra lei e un’altra sedia solo leggermente meno alta. Indossava un abito da giorno relativamente semplice, piuttosto che sfarzoso, e un cerchietto al posto di una vera e propria corona. Eppure non c’era dubbio sull’autorità dell’anziana donna.

Angelica fece un profondo inchino. Un inchino appropriato per la corte, non una cosuccia semplice come avrebbe potuto fare una servitrice. Anche in una cosa del genere erano importanti le sottili gradazioni dello stato sociale. I secondi si trascinarono lenti mentre Angelica aspettava il permesso di rimettersi dritta in piedi.

“Ti prego di unirti a me, Angelica,” disse la vedova. “È così che preferisci farti chiamare, vero?”

“Sì, vostra maestà.” Angelica sospettava che sapesse benissimo come dovesse essere chiamata. Notò anche che non c’era alcuna corrispondente suggestione di informalità da parte della madre di Sebastian.

Era comunque sufficientemente gentile, e le offrì una tisana di lampone da una teiera dove era stata ovviamente appena infusa, oltre a una fetta di dolce alla frutta che le porse con le sue stesse mani delicatamente guantate.

“Come sta tuo padre, Angelica?” chiese. “Lord Robert è sempre stato leale a mio marito quando era in vita. Ha ancora problemi respiratori?”

“Trae beneficio dall’aria di campagna, vostra maestà,” rispose Angelica, pensando ai vasti possedimenti da cui era fin troppo contenta di stare lontana. “Anche se non partecipa più tanto alle caccie come un tempo.”

“I giovani cavalcano in prima linea nelle caccie,” disse la vedova, “mentre gli animi più sensibili aspettando nelle retrovie e prendono le cose a un passo più adatto a loro. Quando ho preso parte a delle caccie, è stato con un falco, non con un branco di cani lanciati alla carica. Sono meno avventati, e ci vedono meglio.”

“Ottima scelta, vostra maestà,” disse Angelica.

“E tua madre, continua a coltivare i suoi fiori?” chiese la vedova, sorseggiando la sua tisana. “Le ho sempre invidiato quei meravigliosi tulipani che sa far crescere.”

“Penso stia lavorando a una nuova varietà, vostra maestà.”

“Incrociando diverse linee, non c’è dubbio,” ammise la vedova, posando la sua tazza sul tavolo.

Angelica si trovò a chiedersi quale fosse il senso di tutto questo. Dubitava sinceramente che la governatrice del regno l’avesse chiamata lì solo per discutere dettagli minori della vita della sua famiglia. Se lei fosse stata al governo, Angelica di certo non si sarebbe curata di qualcosa di così inutile. Angelica quasi non si interessava quando arrivavano lettere dalle proprietà dei suoi genitori.

“Ti sto annoiando, mia cara?” chiese la vedova.

“No, certo che no, vostra maestà,” si affrettò a dire Angelica. Grazie alle guerre civili, sarebbero passati ancora molti giorni prima che i reali del regno potessero imprigionare dei nobili senza processo, ma non era una buona idea rischiare di insultarli.

“Perché avevo l’impressione che trovassi affascinante la mia famiglia,” continuò la vedova. “In particolare il mio figlio più giovane.”

Angelica rimase immobile, insicura su cosa rispondere. Avrebbe dovuto immaginare che una madre notasse il suo interesse per Sebastian. Era di questo che si trattava allora? Un cortese invito a lasciarlo stare?

“Non sono certa di cosa vogliate dire,” rispose Angelica, decidendo che l’opzione migliore era quella di recitare la parte della giovane nobildonna schiva e ritrosa. “Il principe Sebastian è di certo molto bello, ma…”

“Ma il tuo tentativo di sedarlo e prenderlo per te non è andato come programmato?” chiese la vedova, e ora la sua voce era d’acciaio. “Pensavi che non sarei venuta a sapere di quel piccolo complotto?”

Ora Angelica poteva sentire la paura che cresceva dentro di sГ©. La vedova magari non sarebbe stata nella posizione di ordinare la sua esecuzione, ma questo era ciГІ che ci si poteva aspettare da un tale assalto a uno dei reali, anche con un processo dei suoi nobili pari. Magari soprattutto con loro, dato che di certo ci sarebbero stati coloro che avrebbero voluto porre un esempio, o levarla di mezzo, o regolare i conti con la sua famiglia.

“Vostra maestà,” iniziò Angelica, ma la vedova la interruppe con un solo dito alzato. Invece di parlare, però, si prese del tempo per finire di bere dalla sua tazza, poi la gettò nel caminetto, facendo infrangere la porcellana con uno schianto che fece immaginare ad Angelica delle ossa rotte.

“Un attacco contro mio figlio è tradimento,” disse la vedova. “Un tentativo di manipolare me, e di rubare un matrimonio con mio figlio è pure tradimento. Tradizionalmente a questo consegue una pena da parte della Maschera di Piombo.”

Angelica sentì stringersi lo stomaco al solo pensiero. Era una punizione orribile che derivava da tempi lontani, e non l’aveva mai vista messa in atto. Si diceva che la gente si uccidesse solo al pensiero.

“Ne sai qualcosa?” chiese la vedova. “Il traditore viene rinchiuso in una maschera di metallo, e del piombo fuso viene versato all’interno. Una morte orribile, ma a volte il terrore è utile. E ovviamente fa in modo che un calco del volto possa essere mostrato a tutti in seguito come promemoria.”

Prese qualcosa da vicino alla sua sedia. Sembrava una delle tante maschere che si trovavano sempre in giro per la corte per il culto della Dea Mascherata. Ma quella poteva essere il calco di un volto. Un volto spaventato e agonizzante.

“Allan di Courcer decise di insorgere contro la corona,” disse la vedova. “Abbiamo impiccato pulitamente la maggior parte dei suoi uomini, ma con lui abbiamo creato un esempio. Ricordo ancora le grida. È buffo come queste cose ti rimangano in testa.”

Angelica cadde in ginocchio dalla sedia quasi senza più forze, guardando dal basso l’altra donna.

“Vi prego, vostra maestà,” implorò, perché in quel momento implorare le sembrava l’unica opzione a sua disposizione. “Vi prego, farò ogni cosa.”

“Ogni cosa?” chiese la vedova. “Ogni cosa è una parola grossa. E se volessi che tu cedessi le terre della tua famiglia, o mi servissi come spia nelle corti di questo Nuovo Esercito che sembra venire fuori dalle guerre continentali? E se decidessi che tu debba andare a scontare la tua penitenza in una delle Colonie Remote?”

Angelica guardò quella maschera di morte, e capì che c’era solo una risposta.

“Ogni cosa, vostra maestà. Vi prego solo di non fare questo.”

Odiava essere così. Lei era una delle migliori nobildonne del territorio, ma in questo momento si sentiva inerme come il più infimo affittuario.

“E se io volessi che tu sposassi mio figlio?” chiese la vedova.

Angelica la guardò con occhi vuoti: quelle parole non avevano senso. Se l’altra donna avesse detto che le avrebbe dato un baule pieno d’oro e l’avrebbe mandata via, avrebbe avuto più senso di questo.

“Vostra maestà?”

“Non startene lì in ginocchio ad aprire e chiudere la bocca come un pesce,” disse la donna. “Piuttosto risiediti. Almeno cerca di apparire come l’elegante ragazza che mio figlio dovrebbe sposare.”

Angelica si sforzò di rimettersi a sedere sulla sedia. Lo stesso si sentiva quasi sul punto di svenire. “Non sono sicura di capire.”

La vedova intrecciò le dita delle mani. “Non c’è moltissimo da capire. Mi serve qualcuno di adatto a sposare mio figlio. Tu sei sufficientemente bella, vieni da una famiglia sufficientemente agiata, ben legata alla corte, e pare ovvio dal tuo piccolo intrigo che sei interessata al ruolo. È un accordo che pare fortemente benefico per tutto ciò che ne deriva, non sei d’accordo?”

Angelica riuscì a ricomporsi un poco. “Sì, vostra maestà. Ma…”

“È sicuramente meglio delle alternative,” disse la vedova, accarezzando con la punta delle dita la maschera della morte. “In ogni senso.”

Messe così le cose, Angelica non aveva scelta. “Ne sarò felice, vostra maestà.”

“Non è la tua felicità la mia prima preoccupazione,” rispose seccamente la vedova. “Lo sono il benessere di mio figlio e la sicurezza del regno. Non metterai a repentaglio nessuno dei due, o ci sarà uno scotto da pagare.”

Angelica non aveva bisogno di chiedere quale scotto. In quel momento poteva sentire il filo di terrore che le scorreva dentro. Lo odiava. Odiava questa vecchia strega che poteva farle sentire come una minaccia anche qualcosa che lei desiderava.

“E Sebastian?” chiese Angelica. “Da quello che ho visto al ballo, i suoi interessi sono… altrove.”

Nella ragazza dai capelli rossi che sosteneva di venire da Meinhalt, ma che non si comportava come una nobile, da quanto Angelica poteva vedere.

“Quello non sarà più un problema,” disse la vedova.

“Lo stesso, se lui è ancora ferito…”

L’anziana donna la fissò con occhi neutri. “Sebastian farà il suo dovere, sia nei confronti del regno che della sua famiglia. Sposerà chi gli viene richiesto di sposare, e noi ne faremo un’occasione gioiosa.”

“Sì, vostra maestà,” disse Angelica, abbassando compostamente lo sguardo. Una volta sposata con Sebastian, forse non avrebbe più dovuto inchinarsi e comportarsi in maniera affettata a quel modo. Per ora però era bene fare come le era richiesto. “Scriverò subito a mio padre.”

La vedova fece un gesto noncurante con la mano. “L’ho già fatto, e Robert si è mostrato felicissimo di accettare. I preparativi per il matrimonio sono già in corso. Sono venuta a sapere dai messaggeri che tua madre è svenuta alla notizia, ma ha sempre avuto una disposizione d’animo piuttosto delicata. Mi fido che non sarà un tratto che passerai ai miei nipoti.”

Lo fece suonare come una malattia di cui sbarazzarsi. Angelica si trovГІ ad essere piГ№ irritata dal modo in cui tutto era stato messo in moto senza che lei ne sapesse nulla. Lo stesso fece del suo meglio per mostrare la gratitudine che sapeva essere attesa da lei.

“Vi ringrazio, vostra maestà,” disse. “Mi sforzerò di essere la migliore nuora che avreste mai potuto sperare.”

“Ricorda solo che diventare mia figlia non ti farà guadagnare alcun favore speciale,” disse la vedova. “Sei stata scelta per eseguire un compito, e lo farai per la mia completa soddisfazione.”

“Mi sforzerò di rendere felice Sebastian,” disse Angelica.

La vedova si alzò in piedi. “Vedi di farlo. Rendilo così felice da non farlo pensare a nient’altro. Rendilo tanto felice da togliergli dalla mente… altri pensieri. Rendilo felice, dagli dei figli, fai tutto ciò che si richiede alla moglie di un principe. Se farai tutto questo, anche il tuo futuro sarà felice.”

Il carattere di Angelica non le permise di lasciar perdere. “E se non lo farò?”

La vedova la guardГІ come se fosse una nullitГ , piuttosto che una delle piГ№ grandi nobildonne del territorio.

“Stai cercando di essere forte nella speranza che io ti rispetti come una sorta di pari,” disse. “Forse speri che vedrò qualcosa di me in te, Angelica. Forse è addirittura così, ma non è niente di buono. Voglio che da ora in poi ti ricordi una cosa: sei una mia proprietà.”

“No, voi…”

Lo schiaffo non fu forte. Non avrebbe lasciato alcun segno. Non fece neanche male, se non in termini dell’orgoglio di Angelica. In quel senso, bruciava.

“Sei una mia proprietà proprio come nei contratti di vincolo delle ragazze che compro,” ripeté la vedova. “Se in qualsiasi modo fallisci, ti distruggerò per quello che hai tentato di fare a mio figlio. L’unico motivo per cui sei qui e non in una cella, è perché mi sei più utile così.”

“Come moglie per vostro figlio,” sottolineò Angelica.

“Esatto, come sua distrazione,” rispose la vedova. “Hai detto che avresti fatto qualsiasi cosa. Fammi sapere se hai cambiato idea.”

E allora ci sarebbe stata la morte piГ№ orribile che Angelica potesse immaginare.

“No, penso di no. Sarai la moglie perfetta. A suo tempo sarai la madre perfetta. Mi dirai di qualsiasi problema. Obbedirai ai miei ordini. Se fallirai in una qualsiasi di queste cose, la Maschera di Piombo sembrerà mite e mansueta confronto a quello che ti succederà.”




CAPITOLO SEI


Trascinarono Sofia all’esterno, tirandola anche se stava camminando di sua volontà. Era troppo frastornata per fare nient’altro, troppo debole anche solo per pensare a lottare. Le suore la stavano consegnando agli ordini del suo nuovo proprietario. Avrebbero anche potuto incartarla come fosse un nuovo cappello o un pezzo di manzo.

Quando Sofia vide il carro, cercГІ di opporsi, ma non fece alcuna differenza. Era qualcosa di grande e pacchiano, dipinto come il carrozzone di un circo o di un gruppo di attori. Le sbarre lo dichiaravano perГІ per quello che era: il carro di uno schiavista.

Le suore ve la trascinarono vicino e aprirono il retro, tirando indietro dei grossi catenacci che non potevano essere mossi dall’interno.

“Una peccatrice come te merita un posto come questo,” disse una delle suore.

L’altra rise. “Pensi che sia una peccatrice, adesso? Dalle un anno o due in cui venga usata da ogni uomo che ha denaro per pagarne i servizi.”

Sofia scorse con la coda dell’occhio delle figure che si tiravano indietro mentre le suore aprivano le porte. Degli occhi spaventati la guardavano e lei poté vedere una mezza dozzina di altre ragazze rannicchiate sul duro pavimento in legno. Poi la spinsero dentro, facendola inciampare tra loro senza possibilità di reggersi in piedi.

La porta si richiuse con uno schianto metallico. Il rumore dei catenacci fu ancora peggiore, proclamando l’impossibilità di fuga di Sofia con uno stridio di ruggine e ferro.

Le altre ragazze si allontanarono da lei mentre Sofia tentava di trovare uno spazio per sé. Il suo talento le presentò le loro paure. Erano preoccupate che potesse essere violenta come era stata la ragazza dagli occhi scuri che stava nell’angolo, o che avrebbe gridato fino a che maestro Karg non avesse picchiato tutte, nel modo in cui aveva fatto la ragazza con i lividi attorno alla bocca.

“Non intendo fare del male a nessuna di voi,” disse Sofia. “Mi chiamo Sofia.”

Delle cose che potevano essere dei nomi vennero mormorate nella tenue luce del carro prigione, troppo sottovoce perchГ© Sofia potesse capirli tutti. I suoi poteri le permisero di cogliere il resto, ma in quel momento era troppo rinchiusa nella sua personale miseria perchГ© la cosa le importasse.

Un giorno prima le cose erano state così diverse. Era stata felice. Si era trovata ben sistemata nel palazzo, a preparare il suo matrimonio, non rinchiusa in una gabbia. Era stata circondata da servitrici e aiutanti, non da ragazze spaventate. Aveva avuto addosso dei begli abiti, non stracci, e aveva avuto la salvezza, non il persistente dolore delle percosse.

Aveva avuto la prospettiva di trascorrere la sua vita con Sebastian, non di essere usata da una schiera di uomini.

Non c’era nulla che potesse fare. Nient’altro che sedere lì, guardando tra le sbarre e vedendo ora maestro Karg che usciva dall’orfanotrofio con espressione compiaciuta. Si avvicinò con passo rilassato al carro, poi si issò al posto del conduttore sbuffando per lo sforzo. Sofia udì lo schiocco di una frusta e rabbrividì istintivamente dopo tutto quello che le era successo sotto le mani di sorella O’Venn, aspettandosi il dolore fisico mentre il carro si metteva in moto.

Si fece strada tra le vie di Ashton, le ruote di legno che rimbalzavano ogni qualvolta trovavano delle buche tra i ciottoli. Sofia vide le case cui il carro passava accanto a passo d’uomo, senza nessuna fretta di allontanarsi e arrivare alla sua destinazione. Avrebbe dovuto essere una cosa buona, in un certo senso, ma sembrava invece solo un modo di far perdurare la miseria, schernendo lei e le altre per la loro incapacità di scappare.

Sofia vide dei passanti che si spostavano dalla strada al passaggio del carro solo come avrebbero fatto per qualsiasi altro grosso mezzo capace di schiacciarli. Alcuni lanciavano un’occhiata, ma nessuno fece alcuno commento. Cosa diceva di un posto come Ashton il fatto che questo fosse pressoché normale?

Un grasso panettiere si fermò a guardarle passare. Un paio si fecero da parte scansando i raggi delle ruote. I bambini venivano tirati in disparte dalle madri, o correvano a fissare più da vicino per sfidare i loro amici. Degli uomini lanciavano occhiate pensierose, come se si stessero chiedendo se potevano permettersi qualcuna delle ragazze lì dentro. Sofia si sforzò di lanciare loro delle occhiatacce, sfidandoli a non incrociare il suo sguardo.

Avrebbe voluto che Sebastian fosse lì. Nessun altro in quella città l’avrebbe aiutata, ma lei sapeva che anche dopo tutto quello che era successo, Sebastian avrebbe spalancato le porte del carro e l’avrebbe tirata fuori. Almeno sperava che l’avrebbe fatto. Aveva visto l’imbarazzo sul suo volto quando aveva scoperto cos’era Sofia. Forse anche lui avrebbe distolto lo sguardo e avrebbe finto di non vederla.

Sofia sperava di no, perché poteva vedere in parte ciò che attendeva lei e le altre, lo poteva vedere nella mente di maestro Karg. Aveva in mente di prendere altre ragazze strada facendo per condurle a una nave che le avrebbe portate alla sua città natale, dove c’era un bordello che trattava di ragazze così “esotiche”. Aveva sempre bisogno di procurarsene di nuove, perché gli uomini del posto pagavano bene per poter fare quello che volevano con gli arrivi freschi.

Solo il pensiero fece venire la nausea a Sofia, anche se forse questo aveva qualcosa a che vedere con il costante ondeggiamento del carro. Le suore sapevano dove l’avevano venduta? Lei conosceva la risposta: certo che lo sapevano. Ci avevano scherzato sopra, e avevano anche fatto dell’ironia sul fatto che non sarebbe mai stata libera, perché non ci sarebbe stato modo di pagare il debito che avevano imposto su di lei.

Significava una vita di schiavitù in tutto tranne che per il nome, costretta a fare qualsiasi cosa il suo grasso e olezzante padrone volesse, fino a che non avesse più avuto alcun valore neanche per quello. Allora forse l’avrebbe lasciata andare, ma solo perché era più facile lasciarla morire di fame che tenerla. Sofia voleva credere che si sarebbe uccisa prima di permettere che tutto questo accadesse, ma la verità era che avrebbe probabilmente obbedito. Non aveva forse obbedito per anni mentre le suore abusavano di lei?

Il carro si fermò, ma Sofia non fu tanto sciocca da credere che fossero arrivati a una destinazione finale. Si erano fermati invece fuori dalla bottega di un cappellaio, e maestro Karg entrò senza neanche dare un’occhiata al suo carico.

Sofia corse in avanti, cercando di trovare un modo di raggiungere i catenacci fuori dalle sbarre. Infilò la mano tra le fessure a lato del carro, ma semplicemente non c’era modo di raggiungere il lucchetto da dove si trovava.

“Non farlo,” disse la ragazza con il livido attorno alla bocca. “Ti picchierà se ti trova a farlo.”

“Ci picchierà tutte,” disse un’altra.

Sofia ritirò la mano, ma solo perché vedeva che non l’avrebbe portata da nessuna parte. Non aveva senso andare a farsi male quando la cosa non avrebbe cambiato nulla. Era meglio restare ad aspettare e…

E cosa? Sofia aveva visto quello che le aspettava nei pensieri di maestro Karg. Avrebbe potuto indovinarlo probabilmente anche senza il suo talento, e il suo stomaco si sarebbe comunque stretto per la paura. Il carro dello schiavista non era la cosa peggiore che potesse succedere a tutte loro, e Sofia doveva trovare un modo per uscire di lì prima che le cose peggiorassero.

Ma quale modo? Sofia non aveva una risposta.

C’erano altre cose a cui non aveva una risposta. Come avevano fatto a trovarla in città, quando era riuscita a nascondersi prima dagli inseguitori? Come avevano fatto a sapere cosa cercare? Più Sofia ci pensava, e più era convinta che qualcuno doveva aver dato notizia della sua partenza ai cacciatori.

Qualcuno l’aveva tradita, e quel pensiero le faceva più male di qualsiasi percossa.

Maestro Karg uscì dal negozio, trascinando con sé una donna. Questa aveva qualche anno più di Sofia, e sembrava essere già stata vincolata da un po’ di tempo.

“Per favore,” implorava lo schiavista mentre la trascinava. “Non potete farlo! Ancora qualche mese e avrò ripagato il mio vincolo!”

“E fino a che non lo avrai pagato del tutto, il tuo padrone può sempre venderti,” disse maestro Karg. E quasi sovrappensiero, colpì la donna. Nessuno si mosse per fermarlo. La gente quasi neanche si fermava a guardare.

Oppure potrГ  farlo la moglie del tuo padrone quando diventerГ  gelosa di te.

Sofia colse chiaramente quel pensiero, comprendendo l’orrore della situazione in quel momento attraverso una combinazione dei pensieri di Karg e della donna. Si chiamava Mellis, ed eseguiva bene la professione per cui era stata comprata e vincolata. Tanto bene che era stata sul punto di ottenere la libertà, eccetto per il fatto che la moglie del cappellaio si era convinta che il marito l’avrebbe lasciata per la ragazza non appena ella avesse ripagato il suo debito.

Quindi l’aveva venduta a un uomo che si sarebbe assicurato che lei non potesse mai più tornare ad Ashton.

Era un destino orribile, ma era anche un promemoria per Sofia che lei non era l’unica lì ad aver vissuto una dura esistenza. Si era così concentrata su quello che era successo a lei con Sebastian e la corte, ma la verità era che probabilmente tutte avevano un racconto tremendo dietro alla loro presenza nel carro. Di certo nessuna si trovava lì per propria scelta.

E ora nessuna di loro avrebbe potuto scegliere niente nella propria vita.

“Dentro,” disse maestro Karg, gettando la donna in mezzo al resto delle altre ragazze. Sofia cercò di spingersi in avanti nel momento in cui la porta si aprì, ma le si richiuse subito in faccia prima che ci si potesse avvicinare. “Abbiamo un sacco di strada da fare.”

Sofia colse un accenno della strada nei suoi pensieri. Ci sarebbero stati numerosi percorsi in mezzo alla città, raccogliendo schiave che non erano più desiderate, apprendiste che erano riuscite a far arrabbiare i loro padroni. Ci sarebbe stato un viaggio fuori dalla città, nei villaggi di periferia, a nord fino alla città di Focolare, dove li aspettava un altro orfanotrofio. Dopodiché c’era una nave attraccata al limitare di Palude Infuocata.

Era un tragitto che avrebbe richiesto almeno un paio di giorni, e Sofia non aveva dubbio che le condizioni sarebbero state orrende. Il sole del giorno stava giГ  trasformando il carro in uno spazio pieno di calore, sudore e disperazione. Quando il sole ebbe raggiunto il punto piГ№ alto, Sofia dubitava di poter essere capace di ragionare.

“Aiuto!” gridò Mellis alla gente in strada. Era ovviamente più coraggiosa di Sofia. “Non vedete cosa sta succedendo? Tu, Benna, mi conosci. Fai qualcosa!”

La gente continuava a camminare oltre, e Sofia vide quanto inutile fosse. Non interessava a nessuno, oppure nessuno aveva comunque l’impressione di poter veramente fare qualcosa. Non avrebbero infranto la legge per il bene di un pugno di ragazze vincolate che non erano certo diverse dalle altre che erano state vendute in città nel corso degli anni. Era possibile che anche alcuni dei presenti avessero le loro schiave o apprendiste sotto contratto. Chiedere aiuto a quel modo non avrebbe funzionato.

Ma Sofia aveva un’opzione che avrebbe potuto andare a buon fine.

“So che non volete intromettervi,” gridò, “ma se portate un messaggio al principe Sebastian e gli dite che Sofia è qui, non ho alcun dubbio che vi ricompenserà per…”

“Basta!” gridò maestro Karg, sbattendo l’impugnatura della sua frusta contro le sbarre. Sofia sapeva cosa la aspettava se fosse rimasta in silenzio, però, e non poteva accettarlo. Le venne in mente che le persone di strada della città non era forse le più adatte a dare loro aiuto.

“E voi?” gli gridò Sofia. “Potreste portarmi da Sebastian. Fate questo solo per i soldi, no? Beh, lui potrebbe farvi guadagnare bene con me, e avreste anche i ringraziamenti di un principe del regno. Mi voleva come fidanzata due giorni fa. Pagherebbe per la mia libertà.”

PotГ© vedere i pensieri di maestro Karg mentre considerava la cosa. Questo la fece rannicchiare indietro un istante prima che la frusta colpisse ancora le sbarre.

“È più probabile che ti prenda e non paghi un solo centesimo per te,” disse lo schiavista. “Sempre che ti voglia. No, guadagnerò con te in un modo più sicuro. Ci sono un sacco di uomini che vorranno farsi un giro con te, ragazza. Magari assaggerò un bocconcino anche quando ci fermeremo.”

La parte peggiore era che Sofia poteva vedere quanto fosse serio. Stava veramente pensando a quello mentre il carro si rimetteva in moto, dirigendosi fuori dalla città. Nel retro del carro Sofia non poté fare di meglio che serrare la propria mente al prospetto di quell’avvenire. Si rannicchiò insieme alle altre, e poté sentire il loro sollievo nel pensare che sarebbe stata lei, e non loro, la prescelta dal grassone per la notte.

Kate, implorГІ Sofia per quella che le sembrava la centesima volta. Ti prego. Ho bisogno del tuo aiuto.

Come tutte le altre volte il suo pensiero non ottenne risposta. VolГІ via nel buio del mondo, e Sofia non ebbe modo di sapere se fosse per lo meno arrivato al suo bersaglio. Era sola, e la cosa era terrificante, perchГ© da sola Sofia sospettava di non poter fare nulla per evitare tutte le cose che stavano per accaderle.




CAPITOLO SETTE


Kate si allenò fino ad essere sicura di non potersi sobbarcare ulteriori morti. Fece pratica con lame e bastoni, scoccò frecce e lanciò coltelli. Corse e saltò, si nascose e uccise dall’ombra. Per tutto il tempo la sua mente era rivolta al cerchio di alberi e alla spada che vi si trovava al centro.

Poteva ancora sentire il dolore delle sue ferite. Siobhan aveva ricoperto i graffi delle spine e il taglio piГ№ profondo con erbe per aiutarne la guarigione, ma non avevano fatto nulla per fermare il dolore che ne scaturiva a ogni passo.

“Devi imparare a superare il dolore,” disse Siobhan. “Non permettere a niente di distrarti dai tuoi obiettivi.”

“Conosco il dolore,” disse Kate. La Casa degli Indesiderati le aveva insegnato parecchio al riguardo, almeno. C’erano stati momenti in cui era parso che quella fosse l’unica lezione che avessero da offrire.

“Allora devi imparare a usarlo,” disse Siobhan. “Non avrai mai i poteri di quelli come me, ma se puoi toccare una mente, puoi distrarla, puoi calmarla.”

Siobhan convocò allora le forme evanescenti di animali: orsi e gatti selvatici maculati, lupi e falchi. Colpivano Kate con velocità inumana, gli artigli letali come lame, i loro sensi tali da poterla trovare anche quando si nascondeva. L’unico modo di respingerli era gettare dei pensieri contro di essi, l’unico modo per nascondersi da loro e calmarli portandoli al sonno.

Ovviamente Siobhan non le insegnГІ questo con pazienza, ma facendola uccidere piГ№ e piГ№ volte fino a che Kate ebbe imparato quello di cui aveva bisogno.

E imparò. Lentamente, con il costante dolore del fallimento, imparò le abilità che le servivano nel modo in cui aveva imparato a nascondersi e a combattere. Imparò a deviare i falchi con lampi di pensiero, e a rendere la sua mente così immobile da apparire ai lupi come qualcosa di inanimato. Imparò anche ad ammansire gli orsi, cullandoli fino a farli addormentare con l’equivalente mentale di una ninna-nanna.

Per tutto il tempo Siobhan la guardò, sedendosi sui rami vicini o seguendola mentre Kate correva. Non sembrava avere mai la velocità di Kate, ma era sempre lì quando Kate aveva finito, apparendo da dietro un albero o da dentro i bui recessi di un cespuglio.

“Vorresti provare ancora il cerchio?” chiese Siobhan, mentre il sole si levava alto in cielo.

Kate aggrottГІ la fronte. Lo voleva piГ№ di ogni altra cosa, ma poteva anche sentire la paura che veniva a lei insieme a quel pensiero. Paura di ciГІ che sarebbe potuto accadere. Paura di ulteriore dolore.

“Pensi che sia pronta?” chiese Kate.

Siobhan allargò le braccia. “Chi può dirlo?” ribatté “Tu pensi di essere pronta? Nel cerchio trovi quello che ci porti tu stessa. Ricordatelo quando sarai là dentro.”

Da qualche parte in quel discorso c’era una decisione già presa, senza che Kate se ne fosse resa conto. Avrebbe riprovato il cerchio, a quanto pareva. Le ferite ancora in via di guarigione le facevano male al solo pensiero. Lo stesso attraversò la foresta insieme a Siobhan, cercando di concentrarsi.

“Ogni tua paura ti rallenta,” disse Siobhan. “Sei su un sentiero di violenza, e per percorrerlo non devi guardare né a destra né a sinistra. Non devi esitare, né per paura, né per dolore, né per debolezza. Ci sono quelli che se ne stanno seduti per anni diventando un tutt’uno con gli elementi, o che si tormentano alla ricerca della parola perfetta con cui influenzarli. Sul tuo sentiero, devi agire.”

Raggiunsero il limitare del cerchio, e Kate si fermò a pensare. Era vuoto se non per la spada, ma Kate sapeva quanto rapidamente le cose potessero cambiare. Scivolò tra le spine, senza disturbare le piante e muovendosi silenziosamente all’interno del cerchio. Vi entrò di soppiatto con tutta la discrezione che aveva imparato.

Il suo doppio la stava aspettando quando fu all’interno, la spada in mano, gli occhi fissi su Kate.

“Pensavi semplicemente di sgattaiolare dentro e prenderla?” chiese la sua copia. “Avevi paura di lottare ancora contro di me, ragazzina?”

Kate avanzò, la sua arma pronta in mano. Non disse nulla, perché parlare non le era servito a niente l’ultima volta. Ad ogni modo non era brava a parlare. Sofia era più brava. Probabilmente, se fosse stata lì, avrebbe già convinto il suo doppio a porgerle la spada.

“Pensi che non parlare ti faccia bene?” le chiese la sua immagine. “Che non ti renda più debole? Meno inutile?”

Kate mise la sua arma in posizione, colpendo in alto e in basso e continuando a muoversi.

“Ti sei allenata,” disse il doppio mentre parava. Colpì di rimando contro Kate, ma lei riuscì a deviare il fendente. “Ma non ti basterà.”

ContinuГІ ad attaccare e Kate cedette terreno. Dovette farlo, perchГ© la sua immagine era esattamente veloce e forte come prima.

“Non importa quanto ti alleni, o quanto diventi veloce,” disse la sua avversaria. “Avrò sempre gli stessi vantaggi e nessuna delle tue debolezze. Non sarò una ragazzina spaventata che scappa dal dolore.”

Tirò un colpo verso Kate e lei riuscì appena a schivarlo, restando con una ferita che le disegnava una striscia che bruciava come il fuoco lungo le costole. Kate fece un salto indietro, disegnando un ampio arco con la sua spada da allenamento nel tentativo di tenere a bada il suo doppio.




Конец ознакомительного фрагмента.


Текст предоставлен ООО «ЛитРес».

Прочитайте эту книгу целиком, купив полную легальную версию (https://www.litres.ru/pages/biblio_book/?art=43696127) на ЛитРес.

Безопасно оплатить книгу можно банковской картой Visa, MasterCard, Maestro, со счета мобильного телефона, с платежного терминала, в салоне МТС или Связной, через PayPal, WebMoney, Яндекс.Деньги, QIWI Кошелек, бонусными картами или другим удобным Вам способом.



Если текст книги отсутствует, перейдите по ссылке

Возможные причины отсутствия книги:
1. Книга снята с продаж по просьбе правообладателя
2. Книга ещё не поступила в продажу и пока недоступна для чтения

Навигация